C'eravamo tanto illusi che il carico fiscale potesse subire una, seppur piccola, sforbiciata. Anche il premier Mario Monti ieri si era esibito in un balletto sulle tasse, prima aprendo "alla possibilità di individuare un percorso di riduzione della pressione fiscale" poi venendo rettificato dallo stesso Palazzo Chigi che in una nota precisava che nessun intervento sarebbe stato previsto per il 2013.
Adesso c'è la certezza: le tasse continueranno a gravare sul bilancio delle famiglie e delle imprese italiane. Almeno fino al 2014. Parola del ministero dell'Economia e delle Finanze, che ha specificato che "l’attivazione del fondo taglia-tasse non sarà anticipata" e "nel testo della delega fiscale approvato oggi dalla Commissione Finanze della Camera dei Deputati, il Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale resta operativo dal 2014".
A nulla sono valsi i richiami del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, il quale si era detto disposto a rinunciare agli incentivi in cambio di un alleggerimento del carico fiscale delle aziende. Niente da fare. Il grido d'allarme "Moriamo di tasse" del leader degli industriali rimane inascoltato.
Adesso rimane solo la speranza che a metà 2013 non piombi sulla testa degli italiani anche il fardello dell'Iva. Infatti, a partire dal secondo semestre del 2013 è previsto un aumento dell'imposta. Aumento che il governo proverà a evitare. Almeno stando alle dichiarazioni del ministro dell'Economia Grilli che, parlando delle misure contenute nel decreto sulla crescita, ha annunciato come la revisione delle agevolazioni fiscali-contributive e il nuovo patto tra fisco e contribuenti a cui sta lavorando il governo "potrebbero creare le condizioni per evitare l’aumento delle aliquote iva".
Considerando che i consumi continuano a calare e che il gettito dell'Iva nel primo semestre 2012 è diminuito dell'1,3% (pari a -913 milioni di euro) un ulteriore aumento dell'Iva produrrebbe effetti devastanti sull'economia italiana.
Il calo del gettito Iva nei primi otto mesi dell’anno "è la prova del corto circuito rigore crescita di cui parlava nei giorni scorsi il presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino", ha sottolineato il Codacons lamentando "una pressione fiscale esagerata sui ceto mediobassi" che "si traduce in minor consumi e conseguentemente minor crescita, allontanando l’obiettivo di avere un rapporto debito/Pil al 60% in 20 anni".
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