Meloni: "No a dazi contro dazi". Poi la stoccata alla sinistra sui migranti

La presidente del Consiglio è intervenuta nell'Aula del Senato in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 20 e 21 marzo. E competitività avverte: "Basta iper-regolamentazione, altrimenti l'Ue non sopravviverà"

Meloni: "No a dazi contro dazi". Poi la stoccata alla sinistra sui migranti
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Giorgia Meloni interviene in Parlamento, dopo tre mesi dall'ultima circostanza, per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo di giovedì 20 e di venerdì 21 marzo a Bruxelles: oggi dentro l'Aula del Senato e domani alla Camera. A Palazzo Madama la presidente del Consiglio prende la parola nel primo pomeriggio, all'indomani del raggiungimento dell'accordo sulla risoluzione unitaria del centrodestra, parla di un "tempo grave" che il mondo sta attraversando in questo periodo storico. Sulla questione della competitività la premier desidera essere molto chiara e netta: "Se l'Europa pensa di sopravvivere in questa fase continuando a pretendere di iper-regolamentare tutto invece che liberare le tante energie delle quali dispone, semplicemente non sopravviverà". Ed ecco perché il governo italiano intende fare di tutto "per impedire che l'Ue sia soffocata dalle sue stesse regole".

Il tema centrale del Consiglio europeo sarà quindi certamente il rilancio e il rafforzamento della competitività. Quest'ultimo concetto significa, per gli stati nazionali, "potere offrire servizi sociali adeguati e sempre migliori ai cittadini". E, allargando la prospettiva, vuol dire anche "disporre dei mezzi e delle risorse necessarie non solo a non dipendere da altri, ma anche a potere difendere i nostri valori e la nostra visione a livello internazionale". In sostanza, quello che tutti dovremmo chiederci è: "Un'Europa desertificata da un punto di industriale e in ritardo della ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie e destinata a essere più o meno ascoltata?", si domanda Meloni.

Si passa poi al tema sui migranti. La premier, dopo avere snocciolato i dati ufficiali sui morti e dispersi in mare negli ultimi anni, sottolinea come i numeri indicano che "diminuire le partenze e stroncare il business dei trafficanti è l'unico modo per ridurre il numero dei migranti che perdono la vita nel tentativo di raggiungere l'Italia e l'Europa" e questo è il "risultato che ci deve rendere più orgogliosi". Non meno importante risulta anche l'argomento sui dazi. Secondo Meloni non sarebbe saggio cadere nella tentazione delle "rappresaglie che diventano un circolo vizioso nel quale tutti perdono". Perché se è vero che i dazi imposti sulle merci extra Ue "possono teoricamente favorire la produzione interna, in un contesto fortemente interconnesso come quello delle economie europea e statunitense, il quadro si complica".

Inevitabile diventa l'attenzioni alle molteplici questioni geopolitiche Il nostro Paese sta seguendo "con grande preoccupazione la ripresa dei combattimenti a Gaza che mette a repentaglio la liberazione degli ostaggi" e il ripristino degli aiuti umanitari nella Striscia. Sul rafforzamento delle nostre capacità di Difesa, è necessario "occuparsi di molte più cose rispetto al potenziamento degli arsenali", parlando espressamente di "lotta al terrorismo, difesa dei confini e cybersicurezza". Occorre, dunque, un approccio a 360 gradi, perché "senza difesa non c'è sicurezza, senza sicurezza non c'è libertà", ha sottolineato la premier parlando di ReArm Eu, il piano da 800 miliardi proposto da Ursula von der Leyen. Il governo Meloni non gradisce tale denominazione del piano Rearm Europe in quanto ritenuto "fuorviante per i cittadini", in quanto non significa "banalmente acquistare armamenti, intanto perchè non si tratta di acquistarli da paesi stranieri, quanto semmai produrli".

Oltre al riarmo, il tema più atteso del discorso di Giorgia Meloni era quello relativo alla guerra in Ucraina. Il capo dell'esecutivo ribadisce la necessità di non allontanare le due sponde dell'Atlantico e puntualizza alcuni punti fermi: il primo è la "ferma e totale condanna della brutale aggressione all'Ucraina e il sostegno al popolo ucraino che non è mai stato in discussione", aggiungendo anche il sostegno a Sergio Mattarella: "Siamo al fianco del Presidente della Repubblica ogni qual volta che viene attaccato per la sola ragione di avere ricordato chi sono gli aggressori e chi gli aggrediti". Nel conflitto con la Russia e Ucraina "è lo stallo sul campo che oggi può portare ai negoziati della pace e penso si debba rivendicare con orgoglio il sostegno compatto e determinato al popolo ucraino - ha proseguito ancora Meloni -. Dunque salutiamo positivamente questa fase e sosteniamo lo sforzo avviato dal presidente Trump". Se è giusto che l'Europa si attrezzi per fare la propria parte, è altrettanto "ingenuo e in alcune misure folle pensare che possa fare da sola" senza l'architettura atlantica. In ogni caso, l'ipotesi di inviare soldati italiani in Ucraina "non è all'ordine del giorno".

Ed è proprio su questo versante che la premier desidera scagliare altre due frecciate contro la sinistra, dopo quella sui migranti. La prima è sul ruolo di Donald Trump: "Chi ripete ossessivamente che l'Italia dovrebbe scegliere tra Europa e Usa lo fa strumentalmente, per ragioni di polemica domestica o perché non si è accorto che la campagna elettorale americana è finita, dando a Donald Trump - piaccia o no - il mandato di governare e di conseguenza ai partner occidentali di fare i conti con questa America". Quindi no secco alla fine della Nato: "Chi per ragioni diverse alimenta una narrazione diversa, tentando di scavare un solco tra le due sponde dell'Atlantico, non fa che indebolire l'intero Occidente, a beneficio di ben altri attori". Respinta totalmente anche la "grossolana semplificazione" secondo cui aumentare la spesa in sicurezza equivale a tagliare i servizi, la scuola, le infrastrutture, la sanità o il welfare: "Chi lo sostiene è perfettamente consapevole che sta ingannando i cittadini, perché maggiori risorse per la sanità, la scuola o il welfare non ci sono, attualmente, non perché spendiamo i soldi sulla difesa", ma perché centinaia di miliardi "sono stati bruciati in provvedimenti che servivano solo a creare consenso facile". Infatti, l'Italia si è opposta con fermezza alla possibilità che "una quota dei fondi di coesione venisse automaticamente spostata sulla difesa".

Nella breve replica che è succeduta alla discussione generale in Senato, la premier Meloni risponde direttamente alle valutazioni che sono state poste da Italia Viva ("Nessuna manovra correttiva", assicura la presidente del Consiglio) e soprattutto dai rappresentanti di Partito Democratico e Movimento 5 Stelle. Al primo gruppo parlamentare afferma che le riforme del premierato, dell'autonomia differenziata e della separazione delle carriere dei magistrati sono tutte e tre "improcrastinabili e sono inserite nel nostro programma di governo": "Penso che dare stabilità al sistema politico sia uno dei migliori lasciti che possiamo dare a questo Paese, alle famiglie e alle imprese", dichiara Meloni a tal proposito.

Verso i senatori grillini, contrari al riarmo, è stata più dura: "Quando l'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte in più di un'occasione ha sottoscritto l'impegno ad arrivare al 2% del Pil in difesa nel 2020/2021, e al tempo significava circa 15 miliardi di euro, perché lo ha fatto se non era d'accordo? Se voi non eravate d'accordo, lo avete fatto per compiacere qualcuno?", ha concluso.

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