Giorgia Meloni mette la parola fine all’ipotesi di un’adesione dell’Italia al Mes e lo fa con parole chiare e inequivocabili. “L’Italia non accede finché conto qualcosa, lo posso firmare col sangue", ha dichiarato intervenendo a Porta a Porta. Il presidente del Consiglio ha poi aggiunto che ne discuterà il Parlamento ma che si tratta di uno strumento inutile che “non è mai stato utilizzato da nessuno”.
“Perché teniamo migliaia di fondi bloccati? Perché le condizionalità sono troppo stringenti, e perché il Mes è un creditore privilegiato e questo comporta un problema sui titoli di stato". La Meloni ha poi sottolineato come, a prescindere che ci sia la “ratifica o meno”, "troppo poco utile, possiamo renderlo utile? Per farne un fondo utile per qualcuno con minori condizionalità e che non rischi di essere un cappio al collo?". Sono perplessità più che fondate anche perché, così come concepito, il fondo salva stati rischia di rappresentare un commissariamento per chi ne fa richiesta e, anche la riforma, presenta numerose criticità.
La funzione principale del Mes è concedere assistenza finanziaria ai paesi membri che hanno difficoltà a finanziarsi sul mercato attraverso precise condizioni. Condizionalità che variano a seconda della natura dello strumento: più stringente per i prestiti, più soft per le linee di credito precauzionale. Nel caso dei prestiti, il Mes assume la forma di un programma di aggiustamento macroeconomico specificato in un memorandum. Ad oggi il Mes è guidato da un “Consiglio dei Governatori” formato dai 19 Ministri delle finanze dell’area dell’euro che prende le decisioni all’unanimità o, in casi particolari, a maggioranza qualificata (85% del capitale).
In sostanza, i Paesi che ne fanno richiesta, devono non solo accettare le condizioni proposte ma anche sottostare alla verifica del rispetto di tali condizioni da parte dell’Ue abdicando così alla propria sovranità. Un’ipotesi che, nonostante qualche cambiamento migliorativo con la riforma, non sarebbe scongiurata.
Alla luce di queste circostanze, appare non solo motivata la posizione del governo ma diventa spontaneo chiedersi il perché di così tanta insistenza da una parte della politica italiana per aderire al Mes. Anche perché ci sono ancora miliardi che arriveranno nei prossimi mesi con il recovery fund che devono essere gestiti e spesi al meglio. Risorse che, repetita iuvant, non ci vengono regalate ma sono per la stragrande maggioranza a prestito.
L’insistenza con cui si paventa un’adesione dell’Italia al fondo salva stati fa sospettare che ci sia un tentativo di ridurre ulteriormente la nostra sovranità a favore di Bruxelles, un’ipotesi da scongiurare in tutti i modi.
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