«Discendi nel cratere dello Jokull di Sneffels, viaggiatore ardito, e perverrai al centro della Terra». Solo che a confronto del centro (destra) della politica italiana, Jules Verne era un dilettante. Tra le new entry alla Oscar Giannino e i sempiterni come Casini o Fini, c'è un'intera galassia di liste e movimenti che da mesi si compone e si scompone, per poi ricomporsi. È un domino in cui ognuno è appeso alle mosse degli altri. E tutti, par di capire in queste ore, sono appesi alle mosse di Silvio Berlusconi, sempre lui.
Le idee sono molte ma confuse. La lista Italia: Casini-Passera-Monti. Ma anche la lista delle «tre M»: Monti-Montezemolo-Marcegaglia. Che però, attenzione, è cosa diversa dalla lista «3L»: quella l'ha lanciata ieri Giulio Tremonti giurando che sarà «lontana dai notabili». E cosa importa se fin troppi gli hanno fatto notare che lui della categoria notabili è in fondo il massimo rappresentante: «lista, lavoro e libertà», da cui le 3 elle anche se in realtà quelle programmatiche sono soltanto due e neppure nuovissime, correrà da sola. In buona compagnia, nella corsa solitaria, con Italia Futura di Montezemolo. Lui non si candida, come ve lo deve ripetere. E sull'homepage del suo movimento campeggia un tweet di Andrea Romano, il direttore: «IF non realizzerà alleanze con nessun partito di questa fallimentare Seconda Repubblica». Intanto però, Montezemolo tira come una Ferrari. Il Pdl in via di disfacimento lo scruta da un po', e ieri è stato un forzista della prima ora come Guido Crosetto a dire che li vorrebbe, Luchino e Giannino (Oscar) alle primarie «che Berlusconi deve convocare subito». L'ipotesi ha tanto fascino da aver fatto infuriare Pierferdy, che ha reagito come una fidanzata gelosa: «Sono certo che noi centristi siamo molto più credibili come punto di riferimento per il presidente Ferrari». E a nessuno che venga in mente che si potrebbe non dover scegliere, se il fronte moderato facesse blocco unico, anche con ciò che resta, o con ciò che sarà, del Pdl. È venuto in mente al Cavaliere, che infatti sta pensando di rifare il partito, possibilmente senza più l'apporto degli ex An, il tutto facendo un passo indietro, o a latere, facilitando così l'avvicinamento tra i tanti leader che di mettersi all'ombra del Cavaliere non hanno alcuna intenzione.
Il fatto è che dicono tutti la stessa cosa, del resto, viste da economisti e imprenditori, la crisi e le ricette per affrontarla quelle sono. Eppur si odiano. Per capire, basti lo scambio di sms tra un dirigente di IF e la cronista: «Siamo i soli pronti, credibili e davvero popolari tra i nuovi arrivati»; «Fighetti, ma pop?». «I fighetti (bruttini però) oggi sono Fid (Fermare il declino di Giannino, ndr). Noi siamo un'altra cosa».
Quale altra cosa, ancora non si sa. Né si saprà ancora per un po'. Perché c'è un nodo, anzi, il nodo da sciogliere, che è la legge elettorale. Ormai è un mantra per tutti i partiti: «Bisogna capire come si voterà». Col Porcellum le chiacchiere starebbero a zero, visto che gli schieramenti sarebbero obbligati, con buona pace del fermento centrista e con gaudio del Pd, avvantaggiato dalla vecchia legge.
Ma se, come pare, si chiudesse l'accordo su un sistema proporzionale, si aprirebbe la strada a un governo di larghe intese. In vista delle urne, significherebbe il ripensamento del Pdl: di qua un gioco a incastri tra gli ex An oggi sofferenti come La Russa e Meloni, la lista che il sindaco di Roma Alemanno sta preparando al Sud e la Destra di Storace. Di là l'area forzista e liberale, con innesti di facce nuove, dai giovani agli imprenditori. Un nuovo soggetto, snello come lo era Forza Italia nel '94, che, perché no, potrebbe lavorare a un Monti bis, non è un mistero che Berlusconi guardi al premier per riorganizzare il campo dei moderati. Del resto, un sistema che favorisse la corsa di molte liste darebbe spazio anche al progetto di aggregazione che sta portando avanti Corrado Passera. È come una rete, quella del ministro allo Sviluppo, che parte da Casini, sfiora Fini ma solo per osmosi, perché il leader Fli resta in vita solo grazie al respiratore Udc, e arriva financo a Maroni. Il leader della Lega sta rinnovando il partito ponendosi né a sinistra né a destra, ma semplicemente al Nord. L'obiettivo, che Maroni ribadirà alla festa dei popoli oggi a Venezia, è diventare partito egemone per poi trattare con Roma, sul modello catalano.
Va ripetendo in questi giorni Maroni che Passera gli piace, non così il governo di cui fa parte. E non è un caso.Sono tutti ai nastri di partenza. Mancano le regole della corsa, ma questa dovrebbe essere la settimana decisiva per scriverle. Poi, la grande corsa può incominciare.
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