In prima linea a difesa della «libertà di stampa» c’è Giuseppe Conte, che da premier faceva selezionare da Rocco Casalino i giornalisti amici da ammettere alla conferenza stampa a Palazzo Chigi. Per il leader grillino la riforma della par condicio spiana la strada «all’occupazione degli spazi televisivi della Rai da parte del governo» e «trasforma la Rai in un megafono dei comizi in diretta di Giorgia Meloni», pertanto i Cinque Stelle faranno «di tutto, dentro e fuori la Vigilanza», per «impedire un simile scempio della libertà di informazione e della stampa». Una sensibilità verso la categoria giornalistica che i grillini hanno sviluppato molto di recente. Il M5s, nato sull’onda del vaffanculo, ha sempre dedicato l’insulto alla stampa oltre che alla politica, come da insegnamento di Beppe Grillo. Il comico-fondatore ne ha dette di tutti i colori contro i giornalisti, «io vi mangerei soltanto per il gusto di vomitarvi», minacce tipo «Guardateli in faccia e ricordatevi di loro», sfociate poi in una rubrica sul suo blog, «Giornalisti del giorno», una black list di giornalisti considerati nemici del Movimento e quindi da segnalare e insultare. In uno show a Rimini Grillo distribuì banconote false ai giornalisti presenti per dargli dei venduti, con la claque di militanti grillini che li insultavano, tanto che l’Ordine dei giornalisti intervenì contro «uno spettacolo di quart’ordine che non rispetta la libertà di informazione e il pluralismo». Esattamente i principi che adesso il M5s sbanidera di voler difendere contro «TeleMeloni». Non va dimenticato «Il codice di comportamento per parlamentari M5s», emenato dai vertici grillini nel 2013, quando in Parlamento arrivò un esercito di deputati e senatori 5s alle prime armi. Una sezione del regolamento riguardava il rapporto con i media, con il divieto per tutti gli eletti di partecipare «ai talk show condotti abitualmente da giornalisti graditi o nominati dai partiti, come in Rai, Mediaset e La7». Un divieto che portò a espulsioni immediate per i parlamentari che sgarravano, come capitò al senatore Marino Mastrangeli, silurato in un battibaleno con la seguente sentenza: «Il cittadino Marino Mastrangeli ha violato numerose volte la regola “Evitare la partecipazione ai talk show televisivi” senza alcun coordinamento con i gruppi parlamentari e danneggiando così l’immagine del M5S con valutazioni del tutto personali. Per questo viene deliberata la sua espulsione dal gruppo parlamentare». Poi le regole sono cambiate, ma non in meglio. Va bene andare in tv, ma solo alle nostre condizioni. «No interruzioni, nemmeno da parte del conduttore, e niente “stacchi” della regia su altri ospiti. Non è più accettabile che le immagini dei servizi e degli ospiti in studio vengano svilite con inquadrature spezzettate e artatamente indirizzate. Non è più ammissibile che l’ospite in trasmissioni televisive (rappresentante politico, esperto, opinionista, ecc) venga continuamente interrotto», spiegava il blog di Grillo dettando le regole di ingaggio ai programmi tv per ottenere come ospite un esponente del M5s.
Una serie di istruzioni non solo ai giornalisti ma anche alla regia televisiva, su come inquadrare i parlamentari grillini.
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