I democratici si spaccano pure sul nuovo segretario

Nel Partito democratico è scontro aperto per scegliere il successore di Bersani. C'è chi invoca un nome forte e chi una soluzione temporanea. Renzi si chiama fuori: "A questo giro non mi candido". Si sfilano anche Chiamparino e Zingaretti. Spunta l'ipotesi Speranza

I democratici si spaccano pure sul nuovo segretario

Un reggente? No, meglio «un segretario forte», come dice Massimo D'Alema. Uno «capace di ascoltare i nostri circoli», come sostiene Nicola Zingaretti. Uno «che sappia guidare il partito in questa fase difficile», come spiega Stefano Fassina. Insomma, niente soluzioni-ponte tipo Guglielmo Epifani, giudicato «troppo governativo»: l'ala sinistra del Pd, alla ricerca un re vero, forse ha trovato un reuccio, il «giovane» e sofisticato Gianni Cuperlo, che già parla da quasi leader: «Dobbiamo ridarci un'identità». Ecco il derby Epifani-Cuperlo: tra i due alla fine potrebbe spuntarla Roberto Speranza, capogruppo alla Camera. E occhio a Matteo Renzi, superato da Letta nei sondaggi, che minaccia battaglia, «voglio un Pd liquido», e apre il fuoco contro il Cav: «Inaudito metterlo a capo della Costituente».

Il trono è vuoto da quindici giorni. Pier Luigi Bersani, dopo aver perso entrambe le partite, il governo e il Quirinale, ha «preso atto» e si è dimesso. Sul momento non tutti ci hanno fatto caso più tanto, ma adesso, a una settimanella scarsa dall'assemblea nazionale dell'11 maggio, la questione sede vacante è tornata d'attualità. Il borsino di largo del Nazareno segnala il calo delle quotazioni dell'ex-segretario della Cgil: Epifani ha il profilo perfetto per reggere la baracca fino al congresso di autunno, persino Renzi si era convinto che fosse la scelta meno dannosa per il Pd e per le sue ambizioni future.

Ma la base ribolle, le federazioni locali sono in rivolta contro il governo: il numero uno in Piemonte Gianfranco Morgando e la segretaria torinese Paola Bragantini ieri si sono dimessi per il mancato inserimento di una rappresentanza piemontese nella squadra di Letta. Big storici del partito, giovani turchi, governatori e potenti segretari, temendo una lenta erosione di consensi, spingono per una scelta forte. Si, ma chi? Si è parlato di D'Alema: in fondo, chi più forte di lui? Sono andati a bussare alla porta di Zingaretti, una vera processione. Lui si è chiamato fuori. «Non posso certo abbandonare i cittadini del Lazio che mi hanno eletto». Si è pensato, in ambienti renziani, a Sergio Chiamparino, che ha raccolto persino 41 voti per il Quirinale. Pure lui però si è defilato: «Non sono iscritto da più di un anno, faccio un altro lavoro».

Sullo sfondo resta Renzi, che non vorrebbe impelagarsi con le beghe interne di un partito sull'orlo di una crisi di nervi. «Il 2013 passerà alla storia come l'anno in cui abbiamo sprecato la più grande occasione. Sembrava impossibile non vincere, dopo il fallimento di Berlusconi. Non volevamo i voti del centrodestra alla primarie, ora abbiamo i suoi ministri nel governo. Il Pd che ho in mente è diverso, il mio modello è molto più liquido che solido, però a questo giro non mi candido». Meglio, dal suo punto di vista, una soluzione ponte. Ma la nomenclatura ha altre idee. «L'ipotesi di una reggenza è un errore imperdonabile - dice Zingaretti -, le mediazioni al ribasso rischiano di condannarci». I turchi chiedono «una risposta robusta».

Chissà se Cuperlo è abbastanza robusto. Nel frattempo spiega come vuole rifare il Pd: «Dobbiamo tornare a parlare al nostro elettorato, dobbiamo ripensare la sinistra». Quanto alla figura del segretario, pensa che sia il caso di separarla da quella del candidato premier.

«Il primo va scelto nella comunità degli iscritti, il secondo dagli elettori con le primarie». Ma Cuperlo potrebbe spostare troppo a sinistra l'asse del partito: persino Fassina vuole arrivare «a una candidatura condivisa». È il turno di Speranza?

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