I giovani industriali: "Governo? Fiducia a tempo"

Negli ultimi 20 anni l'Italia ha perso il 25% della produzione industriale, con consumi tornati ai livelli del 1998

I giovani industriali: "Governo? Fiducia a tempo"

Il presidente del Consiglio ha snobbato i giovani industriali, come ogni anno riuniti a Santa Margherita Ligure. Loro, però, non gliele mandano a dire. "Vede, presidente Renzi.... ". Marco Gay (presidente dei giovani industriali) nella sua relazione si rivolge direttamente al premier e aggiunge poche parole deviando a braccio dal testo scritto: "Mi dispiace molto che oggi non sia qui con noi". Per il Governo c’è il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi.

L’Italia "arranca" e per riconciliarla con quella parte che vince "manca una politica industriale ambiziosa e coerente", ha detto Gay aprendo il 44° convegno dell'associazione. Il leader degli under 40 degli imprenditori ha ricordato che l’Italia "negli ultimi 20 anni ha perso il 25% della produzione industriale, con consumi tornati ai livelli del 1998 e una disoccupazione giovanile al 46,7%"

Al ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, che in passato è stata presidente dei giovani di Confindustria, Gay ha risposto: "Ci ha detto che non servono fantascientifici piani quinquennali, ma una costante riduzione dei mille vincoli di sistema. Questo è un buon inizio, ma non basta. Vogliamo una prospettiva progettuale e decennale perché chi fa impresa ha bisogno di orizzonti più ampi per investire. Le scelte degli imprenditori di oggi dipendono dalla fiducia sul domani".

Pulire fedina penale del Pil

"Vogliamo un sistema che non tolleri corrotti e corruttori", ha detto Gay riferendosi agli scandali su Expo 2015 e Mose. "Gli imprenditori onesti - ha proseguito - hanno tutto l’interesse a che il sistema economico sia sano. Puliamo la fedina penale del nostro Pil, che ci ha danneggiato perché ha fatto perdere credibilità al Paese".

Togliere del tutto l'Irap

"Cancellare l’Irap per stimolare la crescita - chiede Gay -. L’Irap è stata tagliata del 10% - spiega - molto bene. Ma diciamolo chiaramente: se vogliamo che la crescita, quando tornerà, porti anche lavoro bisogna passare a una tassazione
dell’impresa che rafforzi chi assume regolarmente, anziché penalizzarlo come fosse una colpa. Quindi, per favore, diteci che prima o poi la toglierete del tutto questa Irap".

10mila nuove imprese per 1 milione di posti di lavoro

Con "10mila nuove imprese" ci sarebbero "un milione di posti di lavoro: il nostro impegno" dice il presidente Gay. "Qualcuno anni fa ha promesso all’Italia di creare un milione di posti di lavoro. Ci ha firmato un contratto. Noi come imprenditori ne firmiamo ogni giorno. E li rispettiamo. La nostra sfida è quella di creare non solo posti di lavoro ma anche nuovi imprenditori. Nel nostro movimento siamo 13mila, se ciascuno di noi incubasse o contribuisse alla creazione anche solo di una start up, in poco tempo avremmo 10mila nuove imprese. In termini di occupazione significa molto più di un milione di posti di lavoro. Molti lo stanno già facendo, molti altri inzieranno a farlo?".

La guerra del 3%

"In questi giorni è in corso la mid-term review di Europa 2020 e l’Italia ha la possibilità di lanciare una sfida tanto chiara quanto visionaria: la guerra del 3%". È la sfida "per tornare a crescere" che lanciano i giovani imprenditori: passare dal 3% del rigore al 3% dello sviluppo. "Dopo anni di dibattito sterile e spesso deprimente sul rispetto dell’ormai tristemente famoso parametro di Maastricht, vorremmo che l’Italia e l’Europa si impegnassero al raggiungimento di un altro 3%, quello degli
investimenti pubblici in ricerca e sviluppo. Non solo: vorremmo che quello che si investe per raggiungere questo 3%, simbolo di crescita, non venga computato per il calcolo dell’altro 3%, simbolo del rigore". Sono "provocazioni da visionari? Forse sì, non più però - aggiunge Gay - di quelli che immaginarono l’Europa sotto una pioggia di bombe".

Art. 18? Come parlare di Coppi e Bartali

"Abbiamo passato anni, decenni, a parlare di articolo 18, non accorgendoci che il dibattito era già stato superato dal mercato.

Per i giovani - ha aggiunto Gay - parlare di un contratto a tempo indeterminato, oggi, è come parlare di Coppi e Bartali, di Rivera e Mazzola: i nostri giovani non hanno idea di che cosa si tratti. E questo perché il 50% dei giovani ha un contratto a tempo indeterminato, perché 7 assunzioni su 10 nel 2013 sono avvenute senza articolo 18".

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