N on certo il primo giorno di lavoro, venerdì 9 maggio. Forse neppure il secondo, venerdì 16. Però è solo questione di tempo: e dietro le mura rosse di una palazzina sepolta nel verde, un ex presidente del Consiglio imboccherà un vecchio o una vecchia. Il vecchio non lo riconoscerà, perché sarà un malato di Alzheimer, uno dei venti uomini e donne ospiti della palazzina, esseri fragili, incapaci di riconoscere anche i propri cari. Comincerà così il lato più concreto e visibile dell'affidamento, la pena alternativa con cui Silvio Berlusconi dal 23 aprile sta scontando la sua condanna per frode fiscale. Mentre le battutacce sul web e in tv continueranno, lì, al riparo (forse) da occhi indiscreti accadrà qualcosa senza precedenti, destinato a restare nella storia giudiziaria e politica di questo paese. Ma per il vecchio che verrà imboccato sarà un giorno come tutti gli altri, perso nella nebbia di un presente senza inizio né fine.
La svolta viene annunciata ieri mattina dai vertici della Sacra Famiglia, la holding assistenziale cattolica scelta per ospitare i lavori «socialmente utili» del condannato Berlusconi. Ci si aspettava che, dopo essersi visti faccia a faccia con il nuovo collaboratore, che i capi della struttura di Cesano Boscone annunciassero che di Berlusconi si sarebbero utilizzati gli skill, le abilità: imprenditoriali, amministrative, di «motivatore» come da lui stesso proposto. Un'attività a contatto non troppo diretto con la fisicità dei ricoverati. E invece no: Berlusconi farà la sua parte a tu per tu con venti tra gli ospiti più difficili della Sacra Famiglia, i venti alzheimeriani del padiglione San Pietro. Anche gli altri del San Pietro sono pazienti molto in là con gli anni, alcuni affetti da demenza senile, e pure con questi Berlusconi dovrà a volte interagire. Ma i suoi riferimenti, nelle quattro ore settimanali, saranno quelli dell'Alzheimer. Inizierà a conoscerli già dal primo venerdì, si presenterà agli infermieri, ai terapisti, ai loro familiari; all'inizio, sarà affiancato da un dipendente fisso; poi comincerà. Parlerà, giocherà, canterà con loro, leggerà. E quando verrà il momento del pranzo, «un momento decisivo, da ogni punto di vista» nella giornata degli ospiti, farà la sua parte, insieme a tutto lo staff, perché «aiutare le persone a soddisfare questo bisogno porta a entrare in relazione con loro». «Non gli consigliamo di venire in giacca e cravatta, perché rischia di sporcarsi la cravatta», gli fanno sapere senza tanti giri di parole, nella conferenza stampa, i vertici della struttura.
E l'aspetto più straordinario è che questa modalità di scontare la pena, assai più severa del previsto, non è stata imposta a Berlusconi né dai giudici né dagli assistenti sociali né dai capi della Sacra Famiglia. Si sono messi d'accordo, don Barbante e il suo staff, con il Cavaliere. «Silvio Berlusconi condivide questo programma», dicono ieri a Cesano. Eppure, messe in fila, le prescrizioni non sono da poco, e vengono elencate senza sorrisi: «non andrà in ufficio, non farà un'attività divertente o rilassante», e nemmeno racconterà barzellette, «se volete provare a raccontare barzellette a un malato di Alzheimer accomodatevi pure», e se pensa di marinare qualche incontro verrà subito segnalato ai giudici. «È una cosa seria quella che iniziamo a fare», ma per Berlusconi «sarà anche una sfida». E proprio così il Cavaliere sembra che l'abbia presa. Passata o almeno metabolizzata la rabbia per la condanna, è stato lui d'altronde il primo a candidarsi per un lavoro utile alla collettività. E quando martedì ha visto i vertici della Sacra Famiglia non ha chiesto sconti, «nessuna richiesta particolare per rendere confortevole la sua presenza».
Così venerdì 9 si parte, «stiamo mettendo in atto processo di inserimento vero, concreto di Silvio Berlusconi», spiegano i capi, «da parte sua ci deve essere la volontà di mettersi in gioco con tutto se stesso, altrimenti la cosa non funziona». Funzionerà, non funzionerà, restituirà alla collettività un Berlusconi diverso? «Questo lo decideranno i giudici».
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