La dimostrazione (matematica) che l'ingegner Salvatore Ligresti non ha più alcun peso specifico nel mondo della finanza italiana l'ha data ieri la Borsa. A Piazza Affari le azioni della compagnia assicurativa Fonsai hanno guadagnato il 4,6%, a 1,432 euro, risultando il miglior titolo del Ftse Mib. Una performance positiva che ha trascinato il rialzo anche la controllante Unipol (+3,6%), il gruppo bolognese che fa capo alle Coop rosse.
In altri tempi si sarebbe assistito a crolli spaventosi, invece gli operatori hanno effettuato acquisti speculativi. In altri tempi si sarebbe assistito a qualche presa di posizione. Così non è stato. «Non credo che ci saranno ripercussioni», ha chiosato il capo di Unicredit, Federico Ghizzoni. L'unica testimonianza politica di solidarietà è giunta dalla parlamentare del Pdl, Daniela Santanché. «Mi auguro che il terribile strumento della carcerazione preventiva (per Giulia e Jonella, ndr) sia stato usato per fondate esigenze investigative». Il resto del Transatlantico ha taciuto.
D'altronde, la parola «fine» sul romanzo dei Ligresti era stata scritta esattamente dodici mesi fa, nel luglio del 2012 quando le cooperative, con un aumento di capitale riservato, rilevarono la maggioranza di Premafin, la holding a cui fanno tuttora capo Fonsai e la Milano Assicurazioni e soprattutto le loro partecipazioni. Ecco, da un anno hanno cambiato proprietario il 3,8% di Mediobanca, il 5,5% di Rcs (la società che pubblica il Corriere della Sera) e il 4% di Pirelli (recentemente ceduto da Unipol alla famiglia genovese Malacalza).
Non è un dettaglio insignificante perché anche quella di Ligresti è una storia di «salotti buoni», quei circoli ristretti della finanza di relazione nella quale il costruttore siciliano era riuscito a farsi largo grazie ai buoni uffici di un altro siculo, Enrico Cuccia. E non è un dettaglio che fosse stato il «delfino» del creatore di Mediobanca, Vincenzo Maranghi, a scegliere Ligresti come «cavaliere bianco» per Fondiaria, per proteggerla dall'Opa su Montedison. E non è un dettaglio che prima dell'uragano l'Ingegnere avesse invano cercato una sponda in Vincent Bolloré, socio francese forte di Piazzetta Cuccia che gli aveva prospettato un intervento di Groupama, fallito causa l'obbligo di Opa.
Anche l'inizio della decadenza, però, ha una data precisa: il dicembre del 2011. Nonostante l'aumento di capitale da 450 milioni lanciato sei mesi prima con il fattivo sostegno di Unicredit, Fonsai naviga ancora in cattive acque. C'è bisogno di un'altra ricapitalizzazione.
Mediobanca, che teme per gli 1,1 miliardi di esposizione su Fonsai nel bel mezzo della crisi da spread, e gli altri istituti creditori (sono coinvolte anche Imco e Sinergia, le «scatole» sopra Premafin) hanno deciso che per l'Ingegnere e i suoi figli non c'è più spazio. Di lì al coinvolgimento di Unipol il passo è breve. Poi il diluvio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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