Se la vicenda Mps è «esplosiva», l'innesco della bomba che rischia di far tremare ancora di più le mura di Rocca Salimbeni ha le sembianze di un documento detonante, prossimo ad arrivare in procura a Siena. Sono le conclusioni del capillare lavoro di analisi e di ricostruzione dei flussi finanziari operato dalla Gdf e finalizzato a corroborare gli accertamenti sin qui svolti dai pm Giuseppe Grosso, Antonino Nastasi e Aldo Natalizi per poi chiedere successivamente al gip un provvedimento corposo. Una mossa da valutare con cautela anche per tutelare i risparmiatori e non affossare ancora di più il titolo Mps. Secondo precise indiscrezioni si tratterebbe di un sequestro conservativo di alcuni beni o asset della Banca, più probabilmente dei bond «fresh» del 2008, quelle obbligazioni convertibili in azioni Monte Paschi che la banca senese fece sottoscrivere a JpMorgan quattro anni e mezzo fa per aumentare il capitale di un miliardo di euro - e ottenere il via libera all'acquisizione, strapagata, di Antonveneta dal gruppo Santander, con la quale aveva chiuso l'accordo nel novembre dell'anno precedente.
Uno strumento finanziario, i cosiddetti «fresh», già finito nel mirino dell'inchiesta sulla banca toscana per il sospetto che più che un aumento di capitale «vero», quell'operazione fosse di fatto un prestito, dunque senza alcun trasferimento del rischio d'impresa sulla banca d'affari americana. Un artificio, insomma, finalizzato esclusivamente a «ingannare» Bankitalia per ottenere il placet all'operazione di acquisto della banca del Nord Est. L'importo del sequestro che la procura, su input delle fiamme gialle, potrebbe presto richiedere al giudice per le indagini preliminari ammonterebbe a un miliardo di euro. Ossia, l'intero valore della contestata emissione del 2008, e una somma molto vicina alla presunta tangente da 1,2 miliardi di euro, che poi sarebbe stata «scudata» per far rientrare la somma in Italia. La presunta tangente avrebbe avuto origine proprio con la «strana» acquisizione di Antonveneta, che Mps pagò 10,3 miliardi di euro, accollandosi debiti per altri 7,9 miliardi, quando per comprare l'istituto di credito gli spagnoli, due mesi prima, avevano investito «solo» 6,3 miliardi di euro.
In attesa dell'informativa conclusiva della Guardia di finanza e dei suoi sviluppi dirompenti sull'indagine, ieri i tre pubblici ministeri senesi titolari del fascicolo «esplosivo» hanno chiarito che, oltre ai vecchi manager della banca (a cominciare dall'ex presidente Giuseppe Mussari e dall'ex responsabile dell'area finanza Gianluca Baldassarri), è stato iscritto nel registro degli indagati lo stesso istituto di credito per «responsabilità amministrativa», come previsto dal decreto legislativo 231/2001: e se Mps è indagata, è perché i suoi ex vertici coinvolti nel caso, secondo i pm non hanno agito «nell'interesse esclusivo proprio o di terzi», perché in questo caso la banca non sarebbe incorsa in alcuna responsabilità.
E ancora. Anche sul fronte Fondazione Mps sarebbero imminenti novità importanti collegate a quanto riferito in procura dall'ex direttore finanziario Nicola Scocca, poi licenziato dalla Fondazione, anche a seguito delle sue denunce sulla gestione del patrimonio da parte dei vertici. Intanto il caso Mps sbarca anche in procura a Trani, in Puglia, dove è stato aperto un fascicolo d'indagine sulla vicenda. I magistrati pugliesi hanno avviato l'inchiesta per omessa vigilanza su Consob e Bankitalia in seguito a un esposto del presidente dell'Adusbef, Elio Lannutti, che ha chiesto di «accertare le ragioni che hanno indotto Bankitalia e Consob a non vedere né verificare nei bilanci Mps ricoperture rischiose in prodotti derivati, e se tali poste contabili fossero stati o meno segnalate nei bilanci da parte del collegio sindacale e società di revisione contabile».
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