Gli inquisitori peggio degli inquisiti

La democrazia è uccisa da campagne stampa forcaiole orchestrate da pm e partitini antimafia, avidi di potere

Gli inquisitori peggio degli inquisiti

Il parlamentare Mirello Crisafulli è stato escluso dalla candidatura a Enna per decisione dei probiviri del Pd, i giacubbini. Era stato regolarmente votato dall'80 per cento del corpo elettorale del partito della sinistra nelle primarie tanto celebrate di appena un mese fa. Una campagna di stampa lo ha «inchiodato» alla sua grave responsabilità penale: un rinvio a giudizio per concorso in abuso d'ufficio, l'asfaltamento di una strada che passa nei pressi della sua abitazione da parte di un'amministrazione che Crisafulli poteva influenzare, la Provincia di Enna. Grottesco. La democrazia messa sotto i piedi. Reati come caciocavalli appesi, direbbe Benedetto Croce, non sanzionati da condanna, leggeri come piume, opinabili e indimostrabili, ed ecco che i giacubbini si fanno avanti e cedono alle solite violente campagne di stampa dei manettari e mozzorecchi della parrocchietta, confezionate d'intesa con i magistrati e i partitini antimafia, rissosi e avidi di potere (come dimostrano i casi microcastali della rissa per i posti in lista tra Ingroia e il fratello «professionale» del povero Paolo Borsellino) ma disposti a tutto pur di infangare mezzo mondo.

Dalla Lucia Annunziata venerdì sera si è visto il dottor Antonino Ingroia, un magistrato che si candida senza dimettersi dalla magistratura, pronto a riprendere in mano codici, inchieste e processi a mezzo di interviste e comizi in toga, da Palermo al Guatemala, non appena la convenienza della sua scelta politica si riveli illusoria. Cose raccapriccianti in uno Stato di diritto. Provocato dal direttore di questo giornale sulla sua ineleggibilità, Ingroia se ne è impipato, ha minacciato querele, ha alzato la voce, ha fatto il bullo e ha consacrato con una prova di forza televisiva la sua poca trasparenza, il suo aperto conflitto di interesse e di funzioni in quanto magistrato tenuto all'imparzialità, politico impegnato in una campagna elettorale, crociato in guerra con le istituzioni dal Quirinale alla Corte costituzionale.
Il fatto è che Ingroia si candida da ineleggibile con tutti gli onori, invece di andare a nascondersi dopo la sentenza della Corte costituzionale sul suo uso dei poteri investigativi; la sua piattaforma è quella di tutti i magistrati che fanno politica, prima e dopo la candidatura, con l'uso di parte della giustizia, l'abuso delle interviste, l'invadenza televisiva, un fenomeno italiano unico nel mondo. Il pataccaro Massimo Ciancimino, che un generale dei carabinieri messo sotto processo da Ingroia, Mario Mori, denunciò come falsificatore di documenti d'accusa, riconosciuto poi come falsario e detentore di un arsenale dinamitardo, e arrestato per convenienza dallo stesso pm-candidato che lo aveva definito «un'icona dell'antimafia», ora dice: lo voto. E questo ceto pretende di selezionare gli eroi popolari della lotta politica, i Crisafulli sacrificati da politici pavidi e conformisti alla legge della rispettabilità e della presentabilità. Pretende di tenere la mano della casta togata ben ferma sul ministero della Giustizia, che è feudalmente abitato da funzionari scelti quasi tutti nella magistratura: pretende di dominare il Consiglio superiore della magistratura, che i pm governano attraverso elezioni e correnti, e anche di scegliere chi può candidarsi e chi no alle politiche, e di mettere alla gogna senza prove, senza condanne, spesso per reati risibili o chiacchiere di paese.
Sta per uscire Lincoln, un film rigoroso, corposo e intelligente di Steven Spielberg. Il suo sceneggiatore è Toni Kushner, quello che raccontò l'epica dell'Aids e della colpa moderna nel famoso Angeli in America. Il film mostra la politica nel suo momento migliore, quando realizza la libertà, e Lincoln perviene alla vittoria dell'antischiavismo mettendolo in Costituzione, e realizza quel che è nel Dna della lotta parlamentare con i mezzi del possibile, corrompendo e portando dalla parte della ragione e della responsabilità senatori e congressmen, servendosi degli uomini di mano che sanno trasformare in comportamenti virtuosi le debolezze umane.
Non so che cosa decideranno i capi della destra cosiddetta populista, ma a parte casi grotteschi, come quello del ministro che non sapeva da dove arrivavano i soldi per l'acquisto della sua casa, la tentazione è quella di incitare Berlusconi e i suoi a non darla vinta a questi prepotenti.

In un Paese in cui se il tuo processo arriva dopo 18 anni di tortura in Cassazione può succedere che sia annullato per mancanza del capo di reato (caso Dell'Utri-Jacoviello), in un Paese in cui si candida l'Inquisitore, non starei tanto a guardare la fedina penale degli inquisiti.
Ne candiderei d'avanzo, anche prendendoli tra i povericristi lasciati marcire in carcere in attesa di processo e poi assolti senza tante scuse.

di Giuliano Ferrara

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