La Commissione europea ha deciso di ricorrere contro la cosiddetta legge «anti-Lgbt» dell'Ungheria di Viktor Orban e alcuni Stati membri hanno deciso di sostenere l'iniziativa dell'organo esecutivo. Tra questi ultimi, però, non c'è l'Italia. Il che è bastato a scatenare le solite reazioni scandalizzate dei progressisti di casa nostra. Riccardo Magi, segretario di Più Europa, è stato tra i primi a prendere posizione contro la scelta operata dal Belpaese. «In Europa il governo Meloni si schiera con Orban a difesa della vergognosa legge ungherese contro la comunità Lgbti+. Dopo lo stop alle registrazioni dei figli delle famiglie arcobaleno - ha continuato via Twitter -, un altro passo del nostro Paese verso l'omofobia di Stato. Con Meloni l'Italia si pone in rotta di collisione con l'Ue». Anche Raffaella Paita, capogruppo al Senato del Terzo polo, è intervenuta via social sulla scelta. «La Meloni continua ad isolare l'Italia schierandosi al fianco di Orbán invece di contrastare la vergognosa legge anti Lgbtq+ insieme agli altri Paesi Ue, tra cui Francia e Germania. L'Italia non può essere condannata ad una posizione di irrilevanza da questo governo sovranista», ha scritto. Yuri Guaiana, rappresentante di +Europa presso il Gruppo Alde, ha usato toni molto duri. «Il governo decide quindi di far mancare il sostegno del nostro Paese ai valori fondamentali alla base della nostra Unione quali la dignità umana, la libertà, la democrazia, l'uguaglianza, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani schierandosi implicitamente con leggi ispirate dalla Russia di Putin», ha dichiarato. A ben vedere, trattasi anche (ma non solo) di un seguito della polemica innescatasi per il voto contrario del Senato italiano alla certificazione filiale voluta dall'Ue. Quella che avrebbe potuto aprire la strada nel nostro Paese alla maternità surrogata, per via di alcune pieghe presenti nel regolamento. La stessa contro cui si è schierato il centrodestra in maniera compatta. C'è, tra maggioranza e opposizione, un atteggiamento molto diverso rispetto a quella che è stata chiamata dottrina gender. Comunque sia, tra gli Stati che hanno deciso di supportare la commissione Ue nella sua azione legale ci sono anche Francia e Germania, che hanno manifestato la loro intenzione proprio sul gong (ieri era la scadenza). Assieme ai Paesi di Emmanuel Macron e Martin Schulz nell'elenco figurano Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo, Danimarca, Irlanda, Malta, Austria, Finlandia, Svezia, Slovenia, Grecia. Sono nazioni che ritengono che la legislazione ungherese presa in oggetto sia incompatibile con i valori fondanti la comunità europea. «Rimaniamo fermi nel nostro impegno per una società inclusiva e per l'uguaglianza di tutti», ha fatto presente il ministero degli Esteri del Belgio, che si è distinto sin dal principio nel giudicare necessario un intervento giuridico che potesse modificare nel profondo le norme vigenti in Ungheria.
Tra coloro che difendono la bontà della scelta della Commissione europea - soprattutto via social - , c'è anche chi cita papa Francesco e le sue recenti frasi sugli «infiltrati» che si approfitterebbero della Chiesa, discriminando le persone Lgbt.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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