Curno è un piccolo paese di poco più di settemila anime a soli cinque chilometri da Bergamo e attraversato dal fiume Brembo, ma è anche la città dove abita Jenny Cerea una bellissima ragazza di trent'anni che ti accoglie perennemente con un dolcissimo sorriso sdraiata sul suo letto e sempre assistita e accompagnata dalle attenzioni di sua madre Camilla. Jenny vive così da otto anni. Studiava Jenny e si stava laureando, le mancavano due esami, faceva la modella era piena di vita fino a quell'ottobre del 2005 quando capì che la sua esistenza stava probabilmente cambiando. Piccoli, quasi impercettibili, sintomi della malattia iniziavano a impadronirsi del suo corpo; formicolii alle braccia, alle mani e fortissimi mal di testa si manifestavano con un'insistenza sempre maggiore.
Quei piccoli sintomi erano in realtà manifestazioni importanti di una serie di malattie cerebrospinali che da lì a pochi mesi costrinsero subito Jenny a rifugiarsi sdraiata in un letto. Nessuna via di scampo per l'allora ventiduenne ragazza bergamasca che in poco tempo vide la propria vita trasformata radicalmente. Ma qual è la malattia che costringe Jenny in un letto? «Ho una stenosi dei seni traversi cerebrali, il blocco della giugulare, una siringomielia cervico-dorso-lombare correlata a cisti di tarlov e ad un emangioma dorsale» ci racconta con piglio degno di un medico di provata capacità. In sintesi Jenny è affetta da una serie di innumerevoli patologie la cui combinazione rende la sua malattia non più rara ma pressoché unica oltre che degenerativa.
Quotidianamente vive nell'impossibilità di fare il benché minimo gesto da sola, e dev'essere aiutata in tutto e per qualsiasi cosa.
Per questo la mamma le è sempre vicina e, oltre ad assisterla nella concretezza di una quotidianità sempre più complicata, la supporta in tutte quelle tensioni emotive che tengono ancora oggi accesa la speranza in una possibile guarigione.
Convivere da otto anni, oltre che con una quasi totale infermità, anche con i dolori che la malattia produce come la mancanza di sensibilità in tutto il corpo, la quasi costante tachicardia e ormai anche l'impossibilità di stare seduta sulla sedia a rotelle, sarebbe cosa in grado di uccidere anche un toro. Un toro sì ma non Jenny che ripete come un mantra, la frase di Pablo Neruda «È proibito piangere senza imparare, svegliarti la mattina senza sapere che fare, avere paura dei tuoi ricordi. È proibito non sorridere ai problemi, non lottare per quello in cui credi e desistere per paura. È proibito non cercare di trasformare i tuoi sogni in realtà».
Otto anni fa Jenny sognava l'America, ama New York, ma la sognava per i progetti futuri della sua vita e mai si sarebbe immaginata che oggi, quel sogno, invece è legato alla speranza di trovare un doctor House che la possa guarire. Incredibile pensare che nel nostro Paese, luogo di scienziati e medici di altissimo livello non siano stati in grado di prendersi carico di Jenny e della sua pur unica patologia. E quello clinico non è l'unico problema di Jenny. Esiste un problema di tipo economico perché il nostro sistema sanitario non copre gli interventi legati alle varie patologie perché non riconosciuti nei protocolli giacché unici. Jenny e la sua mamma Camilla non demordono: cercano un luogo in America, dove la ragazza possa essere visitata e operata, poi si mettono alla ricerca dei soldi necessari. Jenny è tenace e generosa e la lotta che sta portando avanti ha un duplice significato: riuscire presto a camminare e fungere da cavia per dare speranze a chi magari in futuro dovrà fare i conti con questa terribile malattia. Jenny era un fiume in piena quando qualche sera fa raccontava la sua storia al Roxy Bar tv di Red Ronnie. Un fiume di ottimismo, di voglia di vivere e non di sopravvivere, di lottare fino alla fine perché sa che questa sua malattia potrà essere sconfitta.
A novembre dell'anno scorso Jenny ha sostenuto una serie di visite presso la Cleveland Clinic dell'Ospedale Universitario di Minneapolis, dove le hanno confermato la necessità di una serie di operazioni da sostenere. Operazioni costose per le quali hanno recuperato fondi da iniziative private. Così giovedì 29 maggio a Bergamo Alta, al Seminario Vescovile, un gruppo di artisti e amici di Jenny come Lorella Cuccarini, Red Ronnie, Paolo Vallesi, Gianni Fantoni e tanti altri hanno organizzato una serata in suo onore. Una serata che ha avuto un grandissimo successo e che ha permesso a Jenny, all'inizio di giugno, di partire per Washington dove dall'11 ha subito il primo dei tre interventi che affronterà negli Stati Uniti alla ricerca di un miglioramento. Il primo intervento pare sia andato bene e lo apprendiamo da twitter, dove trasmette foto e notizie sulle condizioni di salute.
Il possibile ritorno di Jenny in Italia è previsto per il 29 giugno terminati tutti gli interventi. Tutto questo Jenny l'ha raccontato sempre con il sorriso sulle labbra perché, com'è abituata a dire «mi hanno tagliato le gambe, ma non le ali».@terzigio
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