L’illusione del Pd sulla spallata. Ma la linea di Elly non convince

Dubbi a sinistra sull’«Aventino» della segretaria

L’illusione del Pd sulla spallata. Ma la linea di Elly non convince
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I toni sono ultimativi, la postura è quella di chi è convinto di poter presto dare la spallata decisiva al governo, inchiodandolo al caso Almasri. I partiti del campo largo continuano a minacciare un Aventino sine die, con boicottaggio del Parlamento, per costringere Giorgia Meloni a riferire sul rimpatrio del tagliagole libico.
Poi, a taccuini chiusi, si registra più di un dubbio sull’efficacia comunicativa e sulla possibilità di tenere la linea oltre martedì. Quel giorno, nelle conferenze dei capigruppo di Camera e Senato, si dovrebbe capire se, quando e chi del governo verrà a riferire in Parlamento. E Pd e alleati dovranno decidere se scendere dall’Aventino e riprendere i lavori parlamentari o restare sulle barricate. «O Meloni o morte», hanno ripetuto i leader. «Ma se alla fine ci mandano il povero Ciriani, gli altri non vorranno metterci la faccia, che facciamo?», si chiede un esponente dem.

Nel frattempo, però, c’è l’urgenza di separare la vicenda politica da quella giudiziaria che, si è intuito, gioca tutta a favore della premier: «Noi vogliamo conoscere le motivazioni di una scelta politica, non di una questione giudiziaria», assicura il presidente dei senatori dem Francesco Boccia. «È diritto del Parlamento saperlo ed è dovere del governo spiegare. Perché vogliamo sapere se la politica del governo in tema di migranti si basa su un patto con la Libia e sui campi in Albania. Di questo vogliamo discutere, non dell'iscrizione nel registro degli indagati».

Mette le mani avanti anche lo schleiniano Marco Furfaro: «Delle comunicazioni che riceve la premier dalla magistratura a noi non interessa niente», assicura. «Gli unici a parlarne sono da 24 ore ministri e parlamentari del governo. A noi, a differenza loro, interessa l'onore dell’Italia: veramente dopo questa figuraccia mondiale, Meloni pensa di cavarsela ordinando a tutti i suoi ministri e parlamentari di tacere sul fatto che hanno liberato un pedofilo stupratore e di buttarla sul complotto della magistratura?».

Per il portavoce di Schlein Meloni è «ossessionata dalla magistratura». Alla quale il Pd offre la propria solidarietà: «Assistiamo ad attacchi vergognosi e inaccettabili della destra italiana contro la magistratura, che è autonoma e indipendente», tuona il capogruppo in Commissione Giustizia Federico Gianassi. Per il Verde Bonelli la premier «attacca le toghe per coprire la nefandezza del caso Almasri». Per i 5S è addirittura «sotto ricatto degli stupratori libici».

Poi c’è chi, da sinistra, avanza dubbi sulla tattica delle opposizioni: «Spero che Schlein e gli altri non cadano nel miraggio folle di cambiare la situazione per via giudiziaria», avverte Massimo Cacciari. Che constata: «Invece di dire la loro sulla riforma della giustizia e affrontare il nodo del garantismo, si limitano a inseguire». Persino l’ex pm Di Pietro dice: «Se scendiamo sul terreno della responsabilità personale per ragioni di Stato, miniamo il principio dell’indipendenza dei poteri».

Mentre il fondatore del quotidiano grillino Il Fatto, Antonio Padellaro, lamenta «l’inconsistenza» di una opposizione parlamentare «aggrappata ai ritornelli di chi non sa farsi alternativa. Modello: si dimetta e/o riferisca alle Camere, ogni qualvolta (spesso) un ministro la faccia fuori dal vaso».

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