L'ambiguo volo delle colombe Pdl

Nell'ala morbida cresce la convinzione che le dimissioni siano un autogol. Quagliariello: "Si danno, non si annunciano"

L'ambiguo volo delle colombe Pdl

Roma - Sperano in un intervento last minute di Giorgio Napolitano e nella sua moral suasion, finora a dire il vero poco foriera di risultati. Sono convinti che l'arma delle dimissioni di massa si risolverà in uno strumento di pressione poco efficace, al limite dell'autogol. Ricordano che il 3 ottobre arriverà la legge di stabilità in Parlamento e sarà difficile sottrarsi agli impegni. Paventano il pericolo di un clamoroso assist offerto a Matteo Renzi. Sussurrano che sarebbe meglio rompere su un tema sul quale tutto il Paese possa riconoscersi e che tocchi la carne viva degli italiani. Ma, tranne possibili, sporadiche eccezioni, non hanno intenzione di passare a una controffensiva organizzata e di tradire il vincolo di fedeltà verso il loro leader.

Le colombe volano con tanti dubbi e con grande fatica sopra il tentativo di azzeramento dei gruppi parlamentari, senza nascondere di sentirsi come pugili messi in un angolo. «Partiamo da un presupposto: noi le dimissioni le diamo ma solo perché ce le chiede Berlusconi», spiega un parlamentare. «Inoltre con questo sistema elettorale non esistono colombe: chi tentenna resta fuori. E poi al di là di chi condivide e chi non condivide, il legame emotivo di affetto e riconoscenza è troppo forte. In questo momento non si può fare altro che compattarsi attorno al nostro leader». Magari, fa capire qualcuno, il prossimo 4 o 5 ottobre quando dovrebbe tenersi una nuova riunione dei gruppi si tornerà a discutere di questa scelta. Anche perché, azzarda qualcuno, le dimissioni si possono ritirare fino a un attimo prima del voto in aula. E più di un parlamentare - e anche qualche ministro - spera ancora in quel «segnale di rispetto» e «interlocuzione» da parte che potrebbe concretizzarsi nel rilancio della questione di legittimità costituzionale della legge Severino.

Dichiarazioni in aperto dissenso non ce ne sono. Chi si attesta su una linea morbida è Gaetano Quagliariello. «Le dimissioni si danno e non si annunciano. Ieri comunque non abbiamo votato alcuna dimissione». Una puntualizzazione che fa scattare la reazione di Daniela Santanchè. «Quagliariello era presente alla riunione e quindi credevo avesse capito che le dimissioni non le abbiamo annunciate ma le abbiamo già date». Un altro che tenta di non tagliare il filo della strana maggioranza è Maurizio Lupi. «Non condivido gli attacchi, anche violenti, di alcuni miei colleghi a Napolitano. Ma da noi non c'è divisione, non ci sono ministri o non ministri, falchi o colombe. Ogni parlamentare deciderà cosa fare. Il partito è unito attorno al suo leader, sulla questione che stiamo ponendo da mesi, purtroppo inascoltati, della retroattività di una legge che può togliere dal Parlamento il leader dei moderati, votato da oltre 10 milioni di italiani». A vestire l'abito del pompiere ci prova anche il senatore Antonio Gentile. «Questo governo esiste grazie alla sensibilità di Berlusconi e del Pdl che hanno accettato due mesi di umiliazioni e di operette di Bersani e grazie al fatto che il nostro leader è stato protagonista della rielezione di Napolitano: mi auguro che gli equivoci dialettici si ricompongano». In realtà, però, le colombe in questo momento si trovano soprattutto fuori dal Parlamento.

Il partito Mediaset, infatti, anche oggi non avrebbe abbassato il pressing per convincere Berlusconi a riflettere su una scelta comprensibile umanamente e politicamente. Ma considerata come «ad alto rischio» per le prospettive aziendali.

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