La legge elettorale agita il Pdl

A via dell’Umiltà nessuno ha interesse ad accelerare sulla riforma elettorale. Berlusconi schiva i malumori del Pdl e vola a Mosca da Putin

La legge elettorale agita il Pdl

Roma - Quando domani sera andrà in onda la puntata di Porta a Porta con ospite Silvio Berlusconi (il 21 toccherà a Pierluigi Bersani), il Cavaliere, racconta un ex ministro del Pdl, potrebbe già essere a Mosca. Ad aspettarlo Vladimir Putin, fresco del successo alle presidenziali russe. I due si sono ovviamente sentiti al telefono, con Berlusconi che ha voluto complimentarsi per la vittoria ottenuta al primo turno e con Putin che lo ha invitato a partecipare alle cerimonie in programma a Mosca per festeggiare il suo ritorno al Cremlino. D’altra parte, che i due siano legati da un rapporto che va oltre la politica non è certo una novità e dunque il Cavaliere ha accolto di buon grado l’invito a Mosca.

Magari, per Berlusconi («sull’ex numero uno della politica lei si sbaglia», ha detto ieri in diretta telefonica a Biscardi) sarà anche l’occasione per tirare un po’ il fiato, visto che in questi ultimi giorni il Pdl di crucci gliene ha dati non pochi. A parte la querelle su Angelino Alfano, infatti, è da giorni che sottotraccia monta una certa agitazione in molti dirigenti sull’ipotesi che nel 2013 ci si possa presentare alle elezioni con una grossa coalizione. Una soluzione che il vicecapogruppo del Pdl alla Camera Massimo Corsaro non esita a definire un «pateracchio» non nascondendo la sua forte contrarietà all’ipotesi di un Monti bis. Sulla stessa linea è ovviamente anche Ignazio La Russa, ma questa volta la linea di demarcazione non è quella della solita differenziazione tra ex An ed ex Forza Italia visto che sono molti i dirigenti azzurri che la pensano allo stesso modo. E forse anche a loro si rivolge Alfano quando dice che il Pdl ha pagato «un dazio molto salato» per permettere la nascita del governo Monti, «rompendo» l’alleanza con la Lega pur non avendo ancora stretto accordi con l’Udc. Una scelta, spiega, fatta «nell’interesse dell’Italia».

E in questa situazione - incrinato il rapporto con il Carroccio e ancora per aria un’eventuale intesa con l’Udc - è chiaro che qualsiasi ragionamento sulla legge elettorale è prematuro. Ecco perché il vicepresidente dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello si affretta a dire che quella pubblicata ieri dal Corriere della Sera è solo «una bozza provvisoria» e «non definitiva» visto che il risultato del lavoro dei tecnici «dovrà prima essere sottoposto ai competenti organi dei partiti». Insomma, spiega il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, «se c’è un accordo sostanziale sulle riforme istituzionali, ancora non c’è alcuna intesa sulla nuova legge elettorale». Perché, è chiaro che la questione resterà congelata fino a dopo le amministrative, visto che - ipocrisie a parte - non c’è partito che non valuti la modifica del sistema di voto anche in base alle sue esigenze. E finché il Pdl non saprà dove e con chi andare è chiaro che prendere decisioni sarà dura.

Certo, pare che qualche mugugno l’uscita della bozza l’abbia causato. Anche perché il sistema che ne viene fuori sembrerebbe disegnato su misura per l’ipotesi grande coalizione. Ma lo stop arrivato da tutto il Pdl, pare abbia rimesso la situazione nei binari giusti. D’altra parte, a via dell’Umiltà nessuno ha interesse ad accelerare sulla riforma elettorale.

Anzi, come dice un dirigente del Pdl, «faremo il possibile per congelare la questione fino a dopo le amministrative». Poi si vedrà. E se ancora i rapporti con Lega e Udc saranno fumosi come adesso, allora il Pdl si focalizzerà davvero sul modello tedesco (o spagnolo) e con uno sbarramento alto, magari al 10%. Questione di pragmatismo.

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