Letta parla in Senato: "Se governo muore, deve farlo in Parlamento"

Il presidente del Consiglio: "L'Italia corre un rischio fatale, sventare questo rischio dipende da noi, dipende da un sì o da un no"

Letta parla in Senato: "Se governo muore, deve farlo in Parlamento"

Sono iniziate nell’Aula del Senato le comunicazioni del presidente del Consiglio Enrico Letta. Il premier parla accanto al ministro per Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini. Presente accanto al presidente del Consiglio il vicepremier Angelino Alfano.
Poco prima dell’inizio della seduta, Mario Monti si è avvicinato a Letta per un breve saluto. Per lui anche una stretta di mano da parte di Salvo Torrisi, senatore del Pdl che potrebbe votare la fiducia al governo. Tra i ministri non si vedono facce tirate: ci si scambiano sorrisi e pacche sulle spalle e Letta appare gioviale: sembra scherzare a distanza con i cronisti ed i fotografi che gremiscono la tribuna. "L'Italia corre un rischio fatale, sventare questo rischio dipende da noi, dipende da un sì o da un no". Così esordisce il premier Enrico Letta, che poi ha rievocato il monito del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che invitava "alla coesione nazionale e a uno scatto di dignità, di attaccamento alle istituzioni, di amore per l'Italia". "Gli italiani non ne possono più di un clima da "Sangue e arene". Ma solo chi ha identità debole ha paura del confronto", ha aggiunto Letta.

Che poi ha dichiarato: "La prima sede deputata al confronto sono le istituzioni. In ogni passaggio anche delicato o doloroso ho coinvolto il Senato e la Camera. Ho risposto dell’operato del governo io stesso in Parlamento 15 volte. Il governo che guido è nato in Parlamento e se deve morire deve morire in Parlamento, alla luce del sole". Il premier poi, riferendosi al caso giudiziario del leader del Pdl, ha affermato che "uno stato di diritto si basa sul principio di legalità, e in uno Stato democratico le sentenze si rispettano si applicano, fermo restando il diritto alla difesa, senza trattamenti ad personam o contra personam, che va riconosciuto a ogni cittadino e senatore", suscitando i malumori di una parte del Senato, e che "i piani della vicenda giudiziaria che investe Silvio Berlusconi e del governo "non potevano, né possono essere sovrapposti". Letta ha poi spiegato che "il governo può fare bene se c’è un nuovo patto che metta da parte polemiche e liti" e, ripercorrendo le ultime vicende politiche, ha precisato che "le dimissioni una settimana fa dei parlamentari Pdl mentre ero impegnato all’Onu hanno creato una situazione insostenibile".

Sulle riforme istituzionali "nessun stravolgimento, nessun golpe, nessun attentato ai principi fondamentali della Costituzione. Questa volta ce la possiamo fare, costruire istituzioni funzionali e costruire una legge elettorale che restituisca il diritto di scegliere ai cittadini e consenta a chi vince di governare davvero. Il governo intende sostenere e accompagnare attivamente il percorso parlamentare di modifica della legge elettorale, per evitare che il Paese possa tornare al voto con l’attuale legge. Una linea che non è in contrasto con la consapevolezza che poi andrà rivista in base al modello istituzionale costruito al termine del processo riformatore", ha detto il premier, aggiungendo che "non siamo stati e non siamo il governo del rinvio. Chi parla di governo del rinvio mente". Infine, Letta si è appellato al Parlamento.

"Concentriamoci solo su quello che dobbiamo fare, su quelle riforme che il Paese si sta stancando di chiederci. Mi appello al Parlamento tutto, dateci fiducia per realizzare questi obiettivi. Una fiducia che non è contro qualcuno, ma per l’Italia".

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