«Indignato», «preoccupato» per essere finito in un «assurdo tritacarne». Ma anche sicuro che l'impianto accusatorio del processo Ruby e quella richiesta «stratosferica e straordinaria» per dirla con Niccolò Ghedini non potrà reggere se non a un primo, almeno a un secondo grado.
Chi ha avuto modo di parlare con Silvio Berlusconi durante il soggiorno in Sardegna e poi di ritorno a Milano, lo descrive colpito dall'impianto «tutto ideologico» del procedimento. Stupito che davvero si possa imbastire in un'aula di tribunale un processo di quel tipo, in cui al di là delle risultanze si punta a scolpire nell'immaginario pubblico una sorta di giudizio morale su un imputato. In realtà, al di là della preoccupazione per quanto sta accadendo in queste ore al palazzo di giustizia di Milano, l'attenzione di Berlusconi e degli uomini a lui vicini è tutta puntata su un'altra sentenza e su una data: quella del prossimo 19 giugno quando la Corte Costituzionale si esprimerà sul legittimo impedimento negato nel processo Mediaset nel 2010 (la sentenza Ruby dovrebbe, invece, arrivare il 24 giugno).
Se la Suprema Corte darà ragione al tribunale meneghino, a ottobre ci sarà la sentenza finale che potrebbe confermare l'interdizione del presidente del Pdl per cinque anni dai pubblici uffici. Al contrario, se la Consulta riterrà che i pm di Milano non abbiano rispettato le prerogative del presidente del Consiglio allora in carica, il processo tornerebbe al punto di partenza e il clima politico-giudiziario potrebbe rasserenarsi. Entro fine mese, quindi, si comprenderà se Berlusconi sarà messo nelle condizioni di conservare l'atteggiamento morbido attuale nei confronti del governo oppure se deciderà di cambiare veste, smettere l'abito del temporeggiatore e passare all'attacco.
Dentro il Pdl gli umori non sono univoci e i consigli sull'atteggiamento da tenere in caso di un big bang giudiziario variano a seconda degli interlocutori. C'è chi si dice fiducioso sulla tenuta del sistema e prevede una pacificazione. E chi, al contrario, non crede affatto in un cambio di passo di «certa magistratura». In ogni caso i richiami alla realtà non mancano. Daniela Santanchè, ad esempio, domenica sera faceva notare che «le polemiche sono stucchevoli. Vorrei che tutto il partito prendesse coscienza che tra 15 giorni una sentenza potrebbe togliere dalla scena politica il nostro leader». Una linea sposata anche da Mario Mantovani, intervenuto a KlausCondicio. «Una condanna di Berlusconi sarebbe totalmente politica e di fronte a sentenze politiche mobiliteremo i cittadini contro i magistrati politicizzati». In settimana Berlusconi, oltre a registrare alcuni spot tra cui quello per Gianni Alemanno, tornerà a riunirsi con i suoi dirigenti per definire le prossime priorità. Nel mirino c'è soprattutto il decreto choc per l'economia da presentare entro l'estate. In particolare lo stato maggiore del Pdl inizierà a concentrarsi sulla detassazione per i nuovi assunti. Angelino Alfano e Luigi Casero sul fronte governativo, Renato Brunetta su quello parlamentare si stanno preparando a incardinare alla Camera questo provvedimento rispetto al quale sarà molto importante il lavoro di «cucitura» che i ministri Bonino e Moavero, dovranno sviluppare a Bruxelles. Saranno loro a dover spiegare questi sgravi e far capire che «o si sblocca la situazione e si consente all'Italia di riaccendere il motore, oppure dal socialismo in un solo Paese passeremo allo sviluppo in un solo Paese: la Germania».
Sullo sfondo si lavora sulla ricerca della nuova sede che sostituirà Via dell'Umiltà, troppo grande e costosa.
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