L'intesa Ue allontana il voto Pd, nuova grana Vendola

L'accordo di Bruxelles scongiura le elezioni anticipate, il leader di Sel mette Bersani alle corde: "Non corro alle primarie se cacci Di Pietro e chiami Casini"

L'intesa Ue allontana il voto Pd, nuova grana Vendola

Vendola non molla Di Pie­tro: rinuncerà a correre in prima­rie che siano un «concorso di bel­lezza o il congresso interno del Pd». E Bersani, che sperava di re­cuperare il primo in un accordo con Casini, escludendo felice­mente il secondo, si ritrova, come nel gioco dell’oca,al punto di par­tenza. Forte, si fa per dire, del pri­mo sondaggio che lo vede in testa nella corsa con il 32 per cento (per Swg, Vendola è al 23, Renzi al 15), al segretario del Pd non resta che mettersi nella scia vincente dei Su­perMario.

Inutile è stato sperare in Berlu­sconi o negli incidenti di percorso per accelerare le urne: la barca Ita­lia va, con i gol di Balotelli a Varsa­via e quelli di Monti a Bruxelles, e il presidente Napolitano vuole che si arrivi ad aprile 2013. Ma se il partito ora enfatizza i risultati del premier al vertice Ue, il leader su Twitter lascia trapelare tutta l’in­certezza del momento: «L’Italia ha giocato bene anche a Bruxel­les. Ma la partita non è finita». No, non è finita certo quella di Monti, ma si è complicata molto quella dello stesso Bersani. Non solo per gestire l’autunno caldo che ci se­para dall’appuntamento 2013, ma anche per mettere assieme una coalizione che vinca e, soprat­tutto, sia capace di governare. Il patto profilatosi con Casini - nel quale il leader dell’Udc si accon­tenterebbe della presidenza del Senato, con Bersani a Palazzo Chi­gi, Veltroni alla Camera e D’Ale­ma in Europa- ha poco o punto ap­peal sul mercato elettorale. E i due superstitidellacosiddetta «foto di Vasto », che lo sanno, indicono una conferenza stampa per sco­prire le carte in tavola. Vendola ri­badisce che si siede a discutere con il Pd solo «se c’è anche Di Pie­tro ». L’Idv è un valore aggiunto, spiega, un pezzo fondativo del centrosinistra e «non capisco co­sa voglia dire immaginarne l’esclusione: forse è un trofeo da portare all’alleanza con l’Udc? Io non faccio politica in questo mo­do ». La questione mette in bilico l’intero quadro delle alleanze. «A noi non piace - dicono i capi di Sel e Idv-l’ideadi un accordo privile­giato Pd- Udc di cui dovremmo es­sere eve­ntualmente chiamati a fa­re il ruolo di gregari ». In particola­re, aggiunge Vendola entrando a gamba tesa nel già rovente scon­tro in atto sulle primarie del Pd, «se c’è la coalizione, sono prima­rie di coalizione, ma se c’è Casini e non c’è Di Pietro che primarie so­no? Sono un congresso del Pd. Ma non sono interessato a partecipa­re né a un concorso di bellezza né a un congresso del Pd». Quindi, concludono i due, «chiediamo a Bersani una risposta chiara, una scelta di campo. Indichi il pro­gramma: non è un ultimatum, ma i nodi stanno venendo al pettine e la clessidra è stata girata, urge co­struire il centrosinistra. Noi ci av­viamo, speriamo che il Pd ci rag­giunga presto». Il nodo che lega la questione del­le alleanze alle primarie emerge palese nelle parole di Vendola: «C’è un leader,il sindaco di Firen­ze, che è una variabile estremista del liberismo. E un altro, come Bersani, che è un amabile social­democratico. Se Renzi rende mag­gioritaria l’anima liberista del Pd, ne traggo le conseguenze: io sono antagonista ai liberisti ovunque collocati». Irridente arriverà la ri­sposta del sindaco di Firenze, che nel partito non è visto proprio co­me un toccasana: tanto che qual­cuno dà ragione a Vendola e chie­de: «Chi c’è dietro Renzi?».

Ma la dura realtà è che davvero ci sono tre linee in campo: Sel-Idv contro Monti,Casini e una«lobby conser­vator- progressista»(come la chia­ma Vendola) per un «Monti dopo Monti» e Bersani, che ancora cer­ca di sfuggire dicendo: «Concen­triamoci sul dopo Monti ». Questo sarà il punto: ammesso che ci sia il dopo Monti , da che parte andrà Bersani? Ai Monti o al mare? 

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