Smiti Tanya Gupta: "Ira dei maschi esplosa con il boom economico"

La docente della Sapienza: "Gli uomini non tollerano l'emancipazione arrivata con la crescita"

Smiti Tanya Gupta: "Ira dei maschi esplosa con il boom economico"

«Sono arrabbiata, molto arrabbiata. Mi vergogno come indiana e mi sento io stessa umiliata e aggredita come donna». Smiti Tanya Gupta, 60 anni, di New Delhi, da 23 è una lettrice di lingua hindi al Dipartimento di Studi orientali dell'Università La Sapienza di Roma. Nel suo Paese torna spesso e non fatica ad ammettere che ciò che è successo alle sorelle stuprate e impiccate è «una barbarie». Un orrore sul quale prova a scavare per capire quali fantasmi si nascondono nella società indiana.

C'è una reale recrudescenza della violenza o si conosce di più perché si denuncia di più?

«È una domanda che mi faccio anch'io e la consapevolezza delle vittime è di certo diventata maggiore in questi anni. Ma contemporaneamente credo che il boom economico abbia accresciuto rabbia e frustrazione».

Come si collega la crescita economica alla violenza sulle donne?

«Il boom ha riguardato solo un'élite, con cui si confronta tutto il resto del “gruppo”, prevalentemente maschile, che fatica a digerire i cambiamenti nell'universo femminile. Le donne sono entrate nel mondo del lavoro nei contesti urbani e si sono molto emancipate. In una società gerarchica e patriarcale è un fenomeno difficile da tollerare. Gli uomini pensano di avere perso un diritto».

È una forma di vendetta?

«Sì, come la voglia di vendicarsi per un'umiliazione subita, per la perdita del proprio ruolo».

Ma nell'India rurale l'emancipazione è ancora lontana?

«Anche nei contesti rurali il messaggio di liberazione delle donne è passato tramite la tv e l'informazione. Pure lì le donne ora chiedono maggiore libertà».

E gli indiani provano rabbia per questa ricerca di libertà?

«Una sorta di invidia per la nuova vita delle indiane. Un sentimento che in genere emerge tra le caste più vicine, la bassa e la media, le più in conflitto fra loro».

Perché fra le caste più basse?

«Perché non riescono a ribellarsi contro un padrone forte. E allora sfogano contro le più deboli: le donne e soprattutto le “intoccabili”, cioè le più deboli tra le deboli».

Eppure l'India è un Paese che ha fortissimo rispetto per le donne. Esiste una festa in cui il fratello promette alla sorella protezione eterna. È così?

«La festa è il Raksha Bandhan, “legame di protezione” e si svolge ogni anno ad agosto. Il fratello, di sangue o virtuale, si impegna a difendere la sorella per sempre e lei lega a lui un filo al polso».

Una promessa di facciata?

«No, non è facciata. Ma in questo c'è tutta la contraddizione dell'India. Se sei una donna che appartiene alla nobiltà, che ha una qualità politica e religiosa diventi venerabile, rispettabile, da non toccare».

E infatti voi avete avuto Indira Gandhi primo ministro e Sonia Gandhi leader dell'ex partito di maggioranza.

«Ma il problema sono tutte le altre. Le donne che hanno potere sono protette, eventuali aggressori sarebbero linciati. Le altre sono le più esposte».

Le cose stanno cambiando.

«Certo, si denuncia molto di più. Eil movimento contro la corruzionè stato cruciale».

Cosa c'entra la corruzione?

«La corruzione è anche la polizia che non protegge le vittime, magari perché si fa corrompere dagli stupratori. Le cose stanno cambiando. Anche grazie al movimento femminista».

Sconsiglierebbe a una occidentale di andare in India?

«Le mie studentesse vanno regolarmente. L'ambiente è generalmente tranquillo, gli indiani sono generosi, a tratti ingenui.

Però alle mie ragazze dico sempre di non andare da sole. A volte un sorriso può essere mal interpretato. Di base c'è sempre un pregiudizio: che le donne occidentali siano più facilmente avvicinabili. Ma cambierà. E ognuno dovrà fare la sua parte».

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