Il governo ha approvato il decreto legislativo sull’incandidabilità a cariche elettive e di governo dei condannati in via definitiva con pene superiori a 2 anni di reclusione. Chi ha subito una condanna definitiva non potrà candidarsi al parlamento (nazionale o europeo), alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali. E non potrà ricoprire le cariche di presidente e di componente dei consigli e delle giunte delle unioni dei comuni, di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali e delle istituzioni. Il divieto vale anche per le cariche di governo: presidente del Consiglio dei ministri, ministri, vice ministri, sottosegretari e commissari straordinari di governo. Se la sentenza di condanna diventa definitiva durante il mandato, anche in questo caso si determina la decadenza dall’incarico.
L’incandidabilità ha effetto per un periodo corrispondente al doppio della durata della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici. Anche in assenza della pena accessoria, l’incandidabilità non è inferiore a sei anni.
Il nuovo regime di incandidabilità "mira a dettare una disciplina organica in materia di incandidabilità estendendo le cause ostative alla candidabilità alle cariche politiche nazionali e sopranazionali (attualmente le cause di incandidabilità sono previste solo a livello locale)". In particolare, il decreto prevede l’incandidabilità al parlamento italiano ed europeo per le seguenti categorie: di coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a 2 anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati, di maggiore allarme sociale (ad esempio mafia, terrorismo, tratta di persone); coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a 2 anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati, contro la pubblica amministrazione (ad esempio corruzione, concussione, peculato); coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a 2 anni reclusione per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni.
Si tratta, in questo caso, sottolinea la nota, "di tutte le fattispecie criminose più gravi per le quali è anche possibile applicare la custodia cautelare in carcere e che, secondo un principio di ragionevolezza e proporzionalità nella limitazione dell’elettorato passivo, sono state individuate sulla base di un indicatore oggettivo, predeterminato, senza operare alcuna selezione nell’ambito di una lista di reati che potrebbe apparire arbitraria".
Il governo, ha detto il ministro Filippo Patroni Griffi, ha emanato il decreto in modo che le norme siano valide "in tempo utile per le prossime elezioni politiche. Il ministro ha ricordato che in parlamento era stato votato un ordine del giorno che impegnava il governo "a esercitare la delega, prevista dalla legge anti-corruzione, in tempo utile per elezioni".
"L’accertamento dell’incandidabilità avviene d’ufficio sia per la Camera che per il Senato, non sarà rimessa ad un’autodichiarazione.
Quindi saranno gli uffici a giudicare della correttezza", chiarisce il sottosegretario Antonio Catricalà. "Questo ci dà una maggiore garanzia dell’immediatezza prima delle elezioni, visto che dopo il voto sarà il parlamento a decidere su requisiti e decadenza dalla carica di parlamentare".
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