Ne fa una questione d'onore, il governo Letta. E così ha deciso di non impugnare la sentenza 1871/2013 della Corte di Cassazione con cui è stato riconosciuto un risarcimento di 1,2 milioni di euro ai familiari di 4 vittime della strage di Ustica, sia per ragioni giuridiche che «di ordine etico, per il dovuto rispetto alle vittime e ai loro familiari». Sicché ci sarebbe da chiedersi a questo punto a che cosa siano serviti trent'anni d'inchieste sull'esplosione del Dc9 Itavia quel maledetto 27 giugno 1980. A che cosa serva oggi il nuovo fascicolo d'indagine della Procura di Roma sull'ipotesi di un razzo a «impulso e non a impatto», con tanto di rogatorie negli Usa e in Francia (ma non in Libia dove pure c'è una certa consuetudine con gli attentati aerei: ricordate Lockerbie?). A che servano, insomma, tutti questi sforzi tesi alla ricerca della verità se poi tutto viene ricondotto a una sentenza del 2003 scritta da un semplice giudice onorario di Roma, a cui si sono richiamati successivamente i magistrati civili di Palermo.
I soldi arriveranno dai conti correnti dei ministeri della Difesa e dei Trasporti, ritenuti responsabili di non aver garantito la sicurezza del volo inabissatosi nel Tirreno con 81 persone a bordo mentre era in corso nei cieli - dicono le toghe civili - una battaglia aerea con tanto di missili che fischiavano attorno alla carlinga del velivolo. E altri 100 milioni di euro sono in ballo nella prossima udienza del 2014. Per gli ermellini, è stata «abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile»; eppure nessun tribunale penale l'ha mai accertato. Dal 1999, da quando cioè è stata archiviata l'inchiesta sugli assassini di Ustica, il «partito del missile» è riuscito a imporre una versione dei fatti senza corrispondenza nelle carte processuali, ma che gode di grande simpatia nell'opinione pubblica più vicina ai vertici dell'attuale Governo, non a caso applaudito immediatamente per la rinuncia all'impugnazione dall'ex senatrice Ds Bonfietti, presidente dell'Associazione parenti delle vittime. È giusto che lo Stato indennizzi chi ancora piange un familiare, pur se si tratta di un riconoscimento economico per nulla paragonabile al valore di una vita ma, per dirla con il senatore Giovanardi, «senza dover inventarsi battaglie aeree mai avvenute e missili mai lanciati». A pagina 404 della requisitoria, il pubblico ministero Salvi descrisse con chiarezza le modalità con le quali, a suo avviso, era maturato il disastro. Letterale: «L'esplosione all'interno dell'aereo, in zona non determinabile, di un ordigno è dunque la causa della perdita del Dc9 per la quale sono stati individuati i maggiori elementi di riscontro. Invece non vi sono prove dell'impatto di un missile o di una sua testata».
Lo Stato firmi senza tentennamenti un assegno a chi da trent'anni cerca giustizia. A patto però che la stessa tensione morale il governo la mantenga anche nella ricerca della verità giudiziaria per quella tragedia. Perché la Storia non si lascia indennizzare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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