Roma - Una spolverata di Carlo Marx, con i riferimenti alla «lotta di classe». Un po' di Arangio-Ruiz sulle memorie di Diritto romano. Matteo Renzi presenta così il «suo» Documento di economia e finanza. Un testo che non ha forza di legge, ma che impegna il governo sia con il Parlamento sia con Bruxelles per gli impegni che contiene.
Ed il primo impegno è quello di rispettare gli obblighi europei. «Rispettare i vincoli Ue fa bene a noi e ci fa rispettare a Bruxelles», commenta Pier Carlo Padoan. Quindi, viene rispettato l'obiettivo di contenere il deficit 2014 entro il 2,6% del Pil. Ma - fa capire il presidente del Consiglio - da luglio in avanti la musica potrebbe essere diversa. «Proprio perché rispettiamo gli impegni, nel secondo semestre di quest'anno, cambieremo l'Europa». Come a dire: con il semestre di presidenza italiana della Ue il «3%» non sarà più un totem.
Ma è sulla «lotta di classe» tra ricchi e poveri che Renzi insiste a lungo. Dice: se a maggio riusciamo a dare la «quattordicesima» a chi guadagna 1.500 euro netti al mese, è perché tutti i dirigenti pubblici (Stato ed enti locali) non potranno guadagnare più di 238mila euro all'anno lordi: lo stipendio di Giorgio Napolitano. E perora che l'esempio venga seguito anche dagli organi costituzionali: «Non è possibile che i segretari generali di Camera e Senato guadagnino le cifre che guadagnano». E qui, butta in mezzo anche qualche reminiscenza di Arangio-Ruiz: «Dal diritto romano ci viene insegnato che se un'istituzione non funziona dev'essere modificata».
E tra le misure che devono essere modificate rientrano quelle legate alla remunerazione dell'alta dirigenza pubblica. Tant'è che fa l'esempio di agganciare la quota di retribuzione legata al risultato ad indicatori «legati al sistema Paese». E suggerisce di agganciare il 10% della «parte integrativa dello stipendio all'andamento del Pil. Non è possibile che se questo scende, lo stipendio dei manager pubblici continua a salire».
Il presidente del Consiglio annuncia che venerdì 18 aprile (venerdì Santo) il governo presenterà il decreto che contiene le coperture finanziarie per distribuire gli 80 euro a chi denuncia un reddito inferiore ai 25mila euro all'anno. Servono 6,7 miliardi. Arriveranno, in buona parte, dalla spending review: 4,5 miliardi.
«Cottarelli ce ne ha offerti 6. Ma abbiamo preferito non utilizzarli per intero», ricorda il premier. Mentre altri 2,2 miliardi di maggiori entrate saranno garantiti - dice Renzi - da un miliardo di tasse in più a carico delle banche «per la rivalutazione delle quote della Banca d'Italia». E da «un'operazione sull'Iva» che garantirà un altro miliardo di gettito. Immediata la risposta dell'Abi, l'associazione bancaria. La soluzione prospettata dal governo - commenta il direttore generale, Giovanni Sabatini è «ingiusta ed illogica».
I sindacati non si sbilanciano. «Speriamo solo che gli 80 euro al mese siano strutturali», commenta Raffaele Bonanni della Cisl. Piuttosto scettica la Camusso. Mentre i sindacati del settore Salute sono sul piede di guerra.
Temono che la spending review finisca per tradursi in tali orizzontali. Renzi prova (senza successo) a tranquillizzarli.
«In futuro la spesa sanitaria dovrà aumentare e non ridursi», dice. E Forza Italia con Daniele Capezzone sprona il governo a fare di più «sia in termini di taglio della spesa sia in termini di taglio delle tasse». Per Brunetta, invece, le risposte di Renzi «sono deludenti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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