La lunga marcia della generazione "Atreju". Quei militanti che hanno scalato il Paese

L'evento nato alla fine degli anni '90 ha plasmato la classe dirigente della destra

La lunga marcia della generazione "Atreju". Quei militanti che hanno scalato il Paese
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Un laboratorio umano e politico, una palestra in cui confrontarsi e imparare da leader e politici navigati, un’officina in cui esercitare e misurare le proprie idee e, perché no, le proprie ambizioni, senza rinunciare al senso di comunità e all’amore per la goliardia. Fratelli d’Italia e la Festa di Atreju sono indissolubilmente legati. Lo sono perché alla «generazione Atreju» appartiene buona parte della classe dirigente del partito. Un gruppo di politici nati tra la seconda metà degli Anni 70 e la fine degli Anni 80, che ha costruito un mix politico comunitario superando i campi hobbit per ritrovarsi ne La storia infinita di Michael Ende e in quell’Atreju «impegnato nel confronto quotidiano contro le forze del Nulla».

Se la festa nasce nel 1998 sotto la spinta di Fabio Rampelli, Marco Marsilio e di Giorgia Meloni, talento e motore romano di Azione Giovani, nella retrospettiva storica la Generazione Atreju prende davvero forma nel 2004 con il congresso e la contrapposizione tra la stessa Meloni e l’attuale eurodeputato Carlo Fidanza, vicino alle posizioni sociali di Gianni Alemanno. Se Nicola Procaccini - oggi co-presidente del gruppo dei Conservatori europei - aveva il compito di presentare la candidatura Meloni, protagonisti nella sua squadra furono anche Giovanni Donzelli, Francesco Lollobrigida, Giovanbattista Fazzolari. Vinse Meloni, ma il legame con Fidanza e il suo gruppo - in cui figurava Andrea Delmastro - si consolidò nel segno della reciproca stima e del riconoscimento verso una leader giovane capace nel tempo di scommettere sulla forza di quella comunità con la nascita di Fratelli d’Italia.

Da allora tanti altri «ragazzi», generazione dopo generazione, si sono affacciati all grande politica, da Salvo Pogliese a Marcello Gemmato, da Galeazzo Bignami a Chiara Colosimo, da Francesco Acquaroli a Salvatore Deidda, da Francesco Filini a Fabio Roscani, da Augusta Montaruli e Carolina Varchi fino a Marco Perissa e tanti altri.

Ora però quella generazione è chiamata alla missione più grande, sfidare il fuoco del potere, del compromesso con forze e apparati, non potendo più vestire i panni degli antagonisti. «Atreju» riflette Nicola Procaccini, «è diventata la manifestazione politica più importante d’Italia e oggi quelli che montavano i palchi o al massimo venivano chiamati a moderare un dibattito, sono diventati i relatori. Siamo l’ultima generazione la cui vita era interamente immersa nella politica, l’ultima generazione che sa come si utilizza la colla, che viveva di sezioni, confronto e litigi, ma al contempo sa utilizzare i social network. Il Pd era simile a noi, ma anche nel Pd non esiste più quella dimensione totalizzante. Come racconta Giorgia Meloni una volta Rampelli ci chiese per una manifestazione di convocare i nostri amici che non facevano politica.

Sfogliammo le nostre agendine come Carlo Verdone quando deve organizzare il suo viaggio per Cracovia, ma amici che non facevano politica non ne avevamo. Vivevamo immersi dentro la nostra comunità, compresi fidanzati e fidanzate. Oggi tutto è cambiato, ma quel legame tra di noi è rimasto fortissimo e incancellabile».

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