Meloni-Albania: l'accordo piace in Europa, ma la sinistra italiana rema contro

Il Pd si appella all'Ue contro il protocollo tra Italia e Albania. Ma in Europa il tema dei controlli "esternalizzati" non è affatto un tabù: il modello piace anche ai governi socialdemocratici

Meloni-Albania: l'accordo piace in Europa, ma la sinistra italiana rema contro
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Il paradosso dei progressisti italici sul tema immigrazione è evidente: accusano Giorgia Meloni di essere isolata in Europa, ma in realtà quelli fuori dal mondo e da certe logiche condivise sono proprio loro. L'autolesionismo di sinistra sul tema si è dimostrato con chiarezza dopo l'accordo tra Italia e Albania per la realizzazione di due centri per migranti nel Paese balcanico. A poche ore dalla firma del protocollo, i dem sono infatti corsi in Europa per mettere i bastoni tra le ruote al nostro governo attraverso un'interrogazione alla Commissione Ue per far luce sulla compatibilità del protocollo con le norme europee e il diritto internazionale. I piddini sostegnono infatti che l'accordo presenti "gravi criticità in merito alla violazione" di quelle regole e per questo hanno annunciato di volersi opporre a esso in ogni modo.

"Abbiamo dinnanzi a noi l'ennesimo tentativo da parte del governo Meloni di esternalizzare la gestione dei migranti fuori dal territorio Ue, che certifica il doppio fallimento del governo nella gestione del fenomeno migratorio, tanto a livello nazionale che europeo, vista l'incapacità di portare a casa risultati per la riforma del sistema di asilo europeo", ha tuonato sull'argomento il capodelegazione del Pd all'Eurocamera, Brando Benifei. Una posizione che di fatto emargina i politicamente dem, confinandoli ai margini del dibattito. Nel Vecchio Continente, infatti, il tema degli accordi sui migranti e delle possibili "esternalizzazioni" di certe procedure è tutt'altro che un tabù. Anzi, è valutato con interesse anche da governi di impronta socialdemocratica.

Mentre i progressisti nostrani strepitano contro il governo e parlano addirittura di "deportazioni" (concetto peraltro lontano dalla realtà), in Europa i loro colleghi d'area condividono la linea intrapresa dall'esecutivo italiano e prima ancora da quello britannico di Rishi Sunak. In Germania, ad esempio, nella maggioranza di governo c'è chi tifa per l'esternalizzazione delle domande d'asilo in Africa, soluzione rispetto alla quale il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz si è dimostrato aperturista. La stessa Germania, nelle scorse ore, ha peraltro approvato un accordo interno sui migranti che prevede maggiori controlli alle frontiere e una stretta sui sussidi per l'accoglienza. L'esatto opposto del modello permissivista e delle frontiere aperte che invece piace alla sinistra italiana.

Molto prima che i dem nostrani si indignassero sull'esternalizzazione dei controlli ai migranti, il premier socialdemocratico danese, Mette Frederiksen, aveva annunciato di essere al lavoro su un accordo con il Ruanda: finanziato da Copenaghen, il Paese arficano si sarebbe fatto carico dei richiedenti asilo spediti dalla Danimarca. L'accordo, va precisato, non è mai stato attuato ma è emblematico il fatto che pure il Paese nordico avesse almeno paventato una simile soluzione. Intanto anche l'Austria ha comunicato la volontà di adottare un piano simile a quello di Londra: per contrastare l'immigrazione clandestina e alleggerire il carico sui propri centri d'accoglienza, punterà a spedire in un Paese terzo i migranti arrivati illegalmente sul suo territorio e che hanno presentato una richiesta di asilo. "Continueremo a lavorare con coerenza per far sì che la Commissione europea promuova tali procedure di asilo al di fuori dell’Europa e le renda così possibili", ha affermato nei giorni scorsi il ministro degli Interni austriaco Gerhard Karner.

A completare il quadro, le recentissime notizie arrivate dalle Svezia, dove il governo - in una lettera diretta alla Commissione e alla presidenza di turno dell'Ue - ha chiesto, tra le varie cose, di rafforzare i controlli all'interno dell'area Schengen e di rendere efficace il meccanismo dei rimpatri previsto dal nuovo Patto di migrazione e asilo ricorrendo al cosiddetto articolo 25, che blocca i documenti di ingresso

nell'Ue ai Paesi terzi che non cooperano sui rimpatri. In Italia, invece, abbiamo chi rema contro sempre e comunque e si appella all'Ue non per chiedere soluzioni, ma per ostacolare l'azione del governo.

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