La moda di Renzi, cercare consensi in passerella

Il sindaco di Firenze alla settimana di Milano: strette di mano e foto con Armani

La moda di Renzi, cercare consensi in passerella

Camicia bianca, blazer nero, il de­siderio di non apparire, una gran voglia di fare notizia. Matteo Renzi sbuca a Milano per contemplare le sfilate della moda. Scende da un Doblò nero, guidato da una signora con vistosa acconciatura punk, dribbla un paio di macchine, firma al volo un autografo e si mette in posa per un pas­sante. Poi è pronto per varcare l’ingresso dell’Emporio Armani. Sono le 12,35 di una calda giornata di fine estate e lo scala­tore che vuole impossessarsi del Pd rom­pe un altro muro: una volta la nomenkla­tura rossa predicava solo in fabbrica, co­me i preti in chiesa, e il quartiere delle grif­fe , fra via Tortona e via Solari, allora era una città operaia. Poi le industrie hanno chiuso o se ne sono andate fuori città e Walter Veltroni ha cominciato a rinnova­re il parterre dei suo interlocutori: non più le tute blu ma cantanti, artisti, registi, attori. Una contaminazione che è andata avanti a colpi di «ma anche» fino a inclu­dere persino i calciatori. Oggi il non più compagno Renzi completa la metamorfo­si ma realizza soprattutto una straodina­ria operazione di marketing elettorale: è là dove i politici, quelli del centrosinistra ma non solo, latitano. Lui no. Quaranta minuti dopo esce felice: «Che emozione dare la mano a un grande maestro come Giorgio Armani», che si è fatto immortala­re con la giovane promessa della gauche tricolore. Re Giorgio contraccambia pre­muroso: «Renzi ha chiesto di venire e io ne sono ben contento. Alcuni miei colla­boratori erano perplessi, temevano un ri­svolto troppo politico. Ma prima di tutto Renzi è il sindaco di Firenze, e io ho un buon rapporto con quella città. Secondo, mi è sempre stato simpatico, è uno con gli attributi». Il sindaco gongola. E può attac­care il suo discorsetto: «Colpisce che un politico venga alle sfilate, ma negli altri Pa­esi è normale, in Francia è normalissimo, dovrebbe esserlo tanto più in Italia dove è fondamentale che la politica si occupi di moda, perché significa discutere di occu­pazione femminile e maschile, di giova­ni, di semplificazione amministrativa, di riforma della legge Bossi-Fini per far lavo­rare anche i giovani stranieri».

Flash. Strette di mano. Scarabocchi su pezzi di carta. Un’ora dopo, il sindaco prezzemolo è alla scuola militare Teuliè, questa volta per applaudire il concittadi­no Ermanno Scervino che, oltretutto, pa­re sia lo stilista preferito da lady Renzi. Il sindaco si mette in prima fila e batte le ma­ni al grande stilista. Che lucida pronta­mente il suo busto: «Sono molto contento di Matteo, perché è uno che non va solo dove sono le automobili. I politici devono capire che se Parigi non avesse la moda oggi non sarebbe Parigi e lo stesso vale per Milano e per l’Italia».

Potesse, farebbe sfilare pure lui. Il bot­to è garantito. Renzi contende la scena al­le modelle e ai signori della moda. Rag­giunto lo scopo, si eclissa rapidamente. Il pullman è a Lodi, la serata è ancora lunga e si concluderà a Rimini. Il primo cittadi­no evita le domande e si cuce la bocca. Le primarie della moda le ha stravinte. Dico­no che a distanza di 48 ore anche Nichi Vendola si farà vedere fra le passerelle mi­lanesi. Tardi. Troppo tardi. Renzi è avan­ti. E si sistema comodo comodo dove gli al­tri si trovavano a disagio. Nuovo e furbo dove gli alti papaveri paiono vecchi e im­pacciati. Partita vinta, almeno qui dove le ciminiere hanno lasciato il posto ai loft e ai backstage .

Al design , alla creatività ita­liana, al mobile e al prêt à porter . Domeni­ca, per una marca di costumi da bagno, si rivedrà in passerella anche Nicole Minet­ti. Ma quella è un’altra storia.

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