Roma - Civati chi? «No, presidente - spiega Renzi al capo dello Stato - non è la sinistra Pd a preoccuparmi, non saranno loro a farmi mancare i numeri al Senato». E nemmeno Alfano sarà un ostacolo: alzerà il prezzo, cercherà di strappare qualche poltrona, ma poi cederà. «Dove va altrimenti?». Il problema di Matteo è un altro, chi scegliere come ministro dell'Economia. «Presidente, lei che ne pensa?».
Giorgio Napolitano, ascolta, commenta, consiglia. Non fa nomi, così almeno giurano dal suo entourage, le sue preferenze però sono note. Uno come Giuliano Amato, dal suo punto di vista, andrebbe benissimo, o Enrico Letta, peccato che non se la senta. Magari Romano Prodi, perché no: ex premier, ex presidente della Commissione europea, chi più di lui potrebbe «rassicurare» i nostri partner, le istituzioni monetarie, le agenzie internazionali di rating, la Bce? Insomma, le spinte sono felpate, i pareri spassionati e le indicazioni istituzionali, però alla fine quello che sembra è che il capo dello Stato voglia mettere un tutore al giovane premier incaricato. Un politico navigato. Un ammortizzatore. Un domatore, capace di tenere a bada quegli squali di Bruxelles. Non è un caso che proprio oggi il commissario Olli Rehn richiami l'Italia al rispetto del parametro del tre cento deficit-Pil.
Pressioni? No, al massimo qualche idea, minimizzano sul Colle. Dopo diversi anni, fanno notare, è finita l'epoca dei governi del presidente e quindi il segretario del Pd dovrà cavarsela da solo. Napolitano e Renzi restano a colloquio un'ora e mezzo. Si parla dello stato del Paese e dei conti pubblici, dei vincoli internazionali, delle posizioni espresse dai partiti durante le consultazioni, delle cose da fare e di quelle rimaste in sospeso. Il leader del Pd illustra le sue idee e il cronoprogramma che ha in mente. Il capo dello Stato vuole garanzie politiche sui numeri della maggioranza, sulle riforme, sulle prospettive di durata dell'esecutivo, tutte cose che Matteo fornisce. Quanto alla squadra, riferiscono le fonti, «il presidente non mette bocca», anche se c'è sempre l'articolo 92 della Costituzione a ricordare che il premier propone i ministri ma il capo di Stato li nomina.
Peccato però che Renzi abbia idee diverse. Come potrebbe accettare di essere commissariato da un Giuliano Amato? Letta poi, è caduto da Palazzo Chigi proprio perché è ai suoi antipodi. Quanto a Prodi, il suo peso impiomberebbe chiunque, non solo la voglia di nuovo del sindaco. «Ci muoveremo con coraggio e fantasia», spiega. Il primo passo è dare una faccia e un nome a un identikit già chiaro nella sua testa.
Matteo è sicuro: il ministro dell'Economia sarà individuato in fretta. Anzi, forse l'ha già trovato e lo tiene nascosto. Ad ogni buon conto, in serata Napolitano riceve il governatore Visco.
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