Novara, la vera culla dell'arte sacra

Gaudenzio Ferrari, Tanzio da Varallo, Morazzone e Cerano hanno reso unica questa terra di confine

Novara, la vera culla dell'arte sacra

Nel 1961 Giovanni Testori, la cui lezione e la cui passione si ricordano oggi a 20 anni dalla morte, pubblicò Elogio dell'arte novarese. Iniziò così una nuova stagione per alcuni dei grandi maestri che, tra Cinquecento e Seicento, avevano indicato strade nuove per l'arte in quella provincia dominata dai Sacri Monti. Riemergevano così dal buio Gaudenzio Ferrari, Tanzio da Varallo, Morazzone, Cerano, naturalizzati lombardi in quella terra di confine.
Gaudenzio è la grande scoperta di Testori che ne interpreta il pathos e l'umanità familiare, il calore dell'affetto materno, le tenere carni rosee dei bimbi, gli angeli ubriachi di luci colorate, gli uomini pazienti e laboriosi, e sale su su, fino al sommo del Sacro Monte di Varallo per vedere e farci vedere, con occhi nuovi, la Crocifissione. E di lì scende per vedere, in altre due cappelle, i ghigni, le smorfie, gli sguardi spavaldi rubati ai giovani nelle osterie, di Tanzio da Varallo. Poi si sofferma sulle carni macerate del San Francesco in estasi del Morazzone, quasi in competizione con El Greco. E ancora riproduce in parole il suono delle campane a morto ne I giorni della peste di Milano, così come la racconta il Cerano.
Testori con la parola è in grado di celebrare messe solenni e cerimonie funebri, strisciando il suo sermone sull'erba bagnata di rugiada o inumidendolo in una fitta nebbia. Così, dopo la Ferrara di Longhi, la Padova di Fiocco, la Verona di Magagnato, la Bologna di Arcangeli, al culmine della riconsacrata civiltà padana, nasce la Novara di Testori. Ed è una capitale dell'arte. Ora tocca alla vasta campagna, in un mosaico di borghi e città, dal lago d'Orta fino a San Nazzaro Sesia, da Arona fino a Borgo Lavezzaro.
Ne ho, più di altri, esperienza diretta, perché da qualche anno sono stato chiamato a fiancheggiare la vasta impresa di ricognizione e inventario dell'associazione «Parco Culturale Ludovico il Moro» sui castelli e le fortificazioni del Novarese, presieduta da Stefano Vercelloni e con l'impegno e la determinazione di Marilena Roversi Flury e Fabrizio Morea.
In numerosi incontri ho avuto così il privilegio di visitare una provincia dimenticata e di conoscerne l'inatteso e ignorato patrimonio di più di 100 castelli. La campagna, le chiese, i santuari, i ricetti, le terre coltivate, sono una continua sorpresa, e determinano un ulteriore rimpianto per tante occasioni perdute e per tante opportunità mancate.
Già c'è chi favoleggia dei castelli della Loira; ma almeno uno, il Castello di Oleggio, nella piena consapevolezza dei proprietari, i marchesi Dal Pozzo, è più imponente e più ricco di un castello della Loira ed è animato e visitabile. Da queste sale, di gusto neo gotico e neo rinascimentale, e con arredi e quadri di provenienza più antica, partirono sei anni fa le escursioni per rotte luminose e punteggiate di scoperte, anche amare talvolta.
Perché se è giusto il compiacimento per Oleggio Castello, è dolorosa la constatazione dello stato di rovina del castello di Camodeia a Castellazzo, integro e abbandonato, usato anche come abitazione di contadini e artigiani e dormitorio delle mondine. Mentre la Regione Piemonte consuma 240 milioni di euro per darsi una nuova sede, per il castello di Castellazzo non si trova un compratore per 220mila euro. E, pure intatto, si rassegna a diventare una rovina. Non è il solo caso, ma stupisce per quanto è prezioso nei sui decori in laterizio e, pervicacemente, ignorato.
Miglior fortuna è toccata all'abbazia fortificata di San Nazzaro Sesia, tra i più puri esempi di architettura romanica nello spirito della Basilica di Sant'Ambrogio a Milano. Rifugio e, essa stessa, ricetto, la Basilica di San Nazzaro è stata restaurata e ripopolata con l'intervento di pubblico e privato. E, nell'area del chiostro, s'illumina degli affreschi quattrocenteschi con le storie della vita di San Benedetto.
Anime belle, tra arte e scienza, la abitano, come una consolazione per chi ama stare ai confini del mondo. Visitarla fu un inatteso premio per l'architetto metropolitano Gaetano Pesce che ha scelto di vivere a New York. Di lì è breve il passaggio a Carpignano Sesia con l'ancora riconoscibile ricetto, al centro del quale sta una delle più importanti chiese del Novarese, San Pietro in Castro, con i precoci e preziosi affreschi medievali nel catino absidale.
Difficile vedere in quest'epoca pitture così vive e non convenzionali. Di lì le escursioni a Ghemme con il ricetto e il castello di Cavenago. Ogni paese una sorpresa: a Sizzano la chiesa di San Vittore, a Romagnano Sesia la Cantina dei Santi, grandiosa porzione superstite (e affrescata) dell'antica abbazia benedettina di San Silano. E, ancora, l'imponente edificio antonelliano, Villa Caccia, ora sede del Museo storico ed etnografico, con i ricordi della vita e dell'opera di Carlo Dionisotti e di Maria Adriana Prolo, il cui legame con il mondo del cinema indusse alla fondazione del sensazionale Museo del Cinema nella Mole Antonelliana di Torino.
Antonelli s'insegue, nella provincia di Novara, non solo nel San Gaudenzio, principale edificio religioso del capoluogo, ma anche nello spericolato santuario eternamente incompiuto di Boca, e nella polivalente abitazione di Maggiora, poco lontano dalla preziosa chiesa parrocchiale.
E, come a San Nazzaro vi attende l'osteria genialmente denominata «Il peggiore», a Boca annuncia delizie e seduzioni il ristorante «Ori Pari». Lo troviamo chiuso, nonostante il suo nome allettante e ripariamo alla «Locanda degli antichi sapori», con festosi gestori.
Tornando verso Castellazzo s'incrocia la maestosa Rocca Solaroli di Briona, memorabile per avere ospitato il personaggio al quale s'ispirò Alessandro Manzoni per il suo prepotente Don Rodrigo, cui non riuscì la meritoria impresa di impedire il matrimonio di Renzo e Lucia, che si sarebbe rivelato noiosissimo.
A Briona, la Roggia Mora, che costeggia il fiume Sesia, piega ad angolo per dirigersi verso Proh, al perfetto castellino di delizie costruito al centro della risaia da Francesco Sforza, altro richiamo letterario a un mozartiano «quel casinetto è mio» del Don Giovanni.
Superato il fiume Terdoppio, a Varallo Pombia, già sul Ticino, non si finirà di ammirare Villa Simonetta Mocenigo Soranzo. Ma i più bei castelli ci attendono a Galliate, con quattro torri, un torrione e le mura merlate costruite da Galeazzo Visconti, e a Caltignaga con le belle e solide masse.
Ma la meraviglia della provincia di Novara è il lago d'Orta, con l'isola di San Giulio e i palazzi cinquecenteschi sulla piazza principale e sulle strade che salgono al Sacro Monte. Ovunque armonia e perfezione. Ovunque protezione. E persino paura dell'invasione dei forestieri. Il lago si gira andando a Pettenasco, a Pella, al bellissimo borgo di Soriso, ad Ameno, fino a Miasino, un paese integro, con la bella parrocchiale di San Rocco, la cinquecentesca Villa Nigra e l'eclettico castello Solaroli con il grande parco sul lago.


Da questo labirintico itinerario si sarà inteso quanto è ricca la provincia di Novara per cui ora è di viatico il nuovo libro, edito da Allemandi, Nuara la bala, titolo felice anche per spiegare perché tanti castelli e fortificazioni: Novara balla, in continuo stato di guerra, tra domini e occupazioni nel corso dei secoli. Ma anche: Novara è bella.

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