Nuova sanatoria per il rientro dei capitali

Il governo lavora a un emendamento al ddl Stabilità volto a favorire il rientro dei capitali esportati illegalmente all’estero

Nuova sanatoria per il rientro dei capitali

I contribuenti che decideranno di riportare in Italia capitali detenuti illegalmente all’estero non saranno perseguiti per eventuali reati tributari. La misura potrebbe entrare già nella legge di Stabilità. Le somme in gioco sono significative. Nelle sole banche svizzere si stima che siano depositati oltre 150 miliardi. La sanatoria penale è un passaggio delicato sul quale da giorni si susseguono le riunioni tra i tecnici della Giustizia e dell’Economia coordinati dal magistrato Francesco Greco, esperto di reati finanziari. In assenza di una misura sul penale, il tentativo di far rientrare i capitali sarebbe destinato a fallire in quanto i contribuenti che volessero emergere volontariamente e diventare trasparenti dovrebbero di fatto autodenunciarsi ed esporsi al rischio di un processo penale.

Il condono dovrebbe riguardare la semplice esportazione e detenzione di capitali all’estero, mentre viene approfondita la questione dei reati più gravi come fatturazioni false, artifici contabili e dichiarazioni fraudolente, per i quali ci potrebbe essere solo una attenuazione delle sanzioni in caso di rientro. Arriverebbe, dunque, la non punibilità per l’omessa o infedele dichiarazione, attualmente sanzionata con la reclusione da uno a tre anni, mentre per i reati più gravi, attualmente puniti con una sanzione da 18 mesi a 6 anni di reclusione ci sarebbe il dimezzamento della pena da 9 mesi a 3 anni incaso di rientro volontario. Quanto all’aspetto tributario, la sanatoria si inquadra all’interno del processo di stringere le maglie attorno a chi utilizza i paesi che non collaborano nello scambio di informazioni. La stretta in atto a livello internazionale nel contrasto all’evasione fiscale rende meno sicura la posizione di quanti hanno portato capitali all’estero senza dichiararli nelle forme dovute al paese di residenza. Ciò dovrebbe favorire quello che viene chiamato il processo di voluntary disclosure cioè di emersione volontaria.

Nell’ultima legge comunitaria le Camere hanno modificato la normativa antiriclaggio riducendo significativamente le sansioni per i contribuenti che non hanno correttamente dichiarato il possesso di capitali all’estero, in precedenza sanzionati con particolare pesantezza. L’omessa indicazione nella dichiarazione dei redditi era punita con una sanzione dal 10% al 50% delle somme non dichiarate e la confisca di un ammontare equivalente agli importi non dichiarati. Ora invece la confisca è scomparsa e la sanzione va dal 3% al 15% per i Paesi che rientrano nella white list e dal 6% al 30% per i paesi che rientrano nella black list. Rispetto alle sanzioni già ridotte con la legge comunitaria verrebbe introdotta un ulteriore sconto del 50% se le attività vengono trasferite in Italia o in altri stati membri dell’Ue. Mentre negli altri casi lo sconto si riduce al 25% della sanzione.

La procedura di collaborazione volontaria potrà essere attivata fino al 30 settembre 2016. L’autore delle violazioni, per aderire alla sanatoria, dovrà indicare spontaneamente all’amministrazione finanziaria tutti gli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona. Chi deciderà di emergere dovrà pagare per intero le eventuali imposte evase, mentre potrà godere dello sconto sulle sanzioni e della non punibilità per l’eventuale reato tributario comemsso. Non potranno accedere i contribuenti nei confronti dei quali sono stati avviati accessi, ispezioni, verifiche o qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazioni di norme tributarie. La collaborazione volontaria sarà vietata anche nel caso in cui si venga a conoscenza dell’avvio di procedura tramite terzi. La richiesta di disclosure, inoltre, non potrà essere presentata più di una volta, anche indirettamente o per interposta persona.

A beneficiare della possibilità di rientro dovrebbero essere soprattutto i contribuenti che hanno capitali all’estero ancora accertabili, mentre per chi è scattata la prescrizione le possibilità per il fisco di eventuali accertamenti è più remota. L’amministrazione potrebbe procedere ad accertamenti che potrebbero incidere sull’eventuale rendimento del capitale all’estero. Più delicata la situazione di chi ha effettuato il trasferimento dopo il 2009.

Con il varo dello scudo ter è stata infatti introdotta una norma che inverte l’onere della prova stabilendo che dovrà essere il contribuente a dimostrare che le somme non sono frutto di evasione fiscale. Per contro l’amministrazione potrà presumere che le somme all’estero sono frutto di evasione e procedere all’accertamento. Il rientro volontario in questo caso attenua sensibilmente le sanzioni.

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