Nuove br, undici condanne per un massimo di 11 anni I giudici: non sono terroristi

Urla e proteste alla lettura della sentenza, ma i giudici hanno escluso l'aggravante. Il leader Davanzo a Pietro Ichino: "Ci sparazzeremo del tuo sistema"

Nuove br, undici condanne per un massimo di 11 anni I giudici: non sono terroristi

Undici condanne con pena massima di 11 anni e mezzo per associazione sovversiva semplice e una assoluzione. È questa la sentenza della Corte d'Appello di Milano nei confronti degli appartenenti alle Nuove Br - Partito comunista politico-militare. I giudici hanno escluso l'aggravante specifica di finalità terroristica. Durante la lettura della sentenza gli imputati e una trentina di persone in aula hanno urlato contro la corte: "L’unica giustizia è quella proletaria, il vero terrorismo è quello dello Stato".

I magistrati hanno anche confermato il risarcimento da 100 mila euro che alcuni degli imputati dovranno versare a Pietro Ichino, il giuslavorista parte civile nel procedimento. Proprio con Ichino, oggi presente in aula, se la sono presa gli imputati. "Ci sbarazzeremo del tuo sistema", ha urlato dalla cella il leader dell'associazione Alfredo Davanzo.

La pena più alta è stata inflitta a Claudio Latino, considerato l’ideologo della cellula, che dovrà scontare una pena di undici anni e sei mesi. Davide Bortolato è stato condannato a undici anni, mentre il leader Alfredo Davanzo nove anni. Gli altri condannati sono Vincenzo Sisi (dieci anni), Bruno Ghirardi (otto anni), Massimiliano Toschi (sette anni), Massimiliano Gaeta (cinque anni e tre mesi), Andrea Scantamburlo (due anni e quattro mesi), Amarilli Caprio, Alfredo Mazzamauro e Davide Rotondi (due anni e due mesi). L’unico assolto è Salvatore Scivoli.

Il gruppo non ha compiuto azioni particolarmente sanguinoso perché è stato fermato in tempo, quando si stava ancora organizzando.

Tra i colpi riusciti si contano un agguato incendiario a una sede veneta di Forza Nuova e una rapina a un bancomat nel padovano, ma nel mirino dell'associazione c'erano uno sportello Marco Biagi, le redazioni di alcuni giornali, molti luoghi frequentati da persone di estrema destra e Pietro Ichino.

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