Roma - In Italia era nata sotto i migliori auspici e con un intento nobile: responsabilizzare una classe politica che si dimentica quasi sempre da dove provengono i soldi che spende. In genere serve ad avvicinare il più possibile chi paga le tasse a chi fa le leggi, a mettere la faccia di un eletto su spesa e prelievo fiscale. Solo che questa volta la «tassa di scopo» è spuntata nel momento più sbagliato e senza che ci sia la condizione fondamentale per adottarla: il taglio delle altre tasse, quelle senza uno scopo. La vicenda è questa. Nel decreto semplificazioni è stato inserito un emendamento che reinterpreta la tassa (che è stata varata da Prodi e ampliata dal governo Berlusconi), adattandola all’Imu. Potrà durare anche 10 anni e finanziare completamente la realizzazione delle opere, come era previsto già nel testo di Giulio Tremonti. Solo che questa volta si applicherà anche alle prime case, visto che la nuova imposta comunale, a differenza dell’Ici del centrodestra, le colpisce.
Palazzo Chigi ieri ha smentito le prime indiscrezioni che attribuivano l’imposta ad una scelta del governo Monti precisando che l’unica cosa che è stata modificata è il riferimento normativo che prima era all’Ici e ora è all’Imu.
La tassa di scopo «c’era già» e «non c’è alcun automatismo» che porti all’incremento delle tasse locali per colpa della norma del decreto fiscale che passa dallo Stato ai Comuni la facoltà di regolamentare le tasse di scopo e la allinea alla base Imu al posto della vecchia Ici, ha spiegato il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo. Che però ha anche confermato l’allargamento della tassa di scopo alla prima casa: «Se mi servono 50 milioni per fare una strada poiché ho allargato la base imponibile alle prime case, il carico fiscale potrebbe anche abbassarsi» sui singoli cittadini coinvolti.
Il fatto è che la tassa di scopo è una facoltà dei sindaci, che ne rispondono «di fronte agli elettori», ha aggiunto Polillo. Ed effettivamente saranno i sindaci a decidere se e come attivarla. Ma è anche vero che la tassa di scopo dovrebbe sostituire le altre tasse, mentre la sua conferma e l’ampliamento sono arrivati proprio nell’anno in cui gli italiani si ritroveranno a pagare imposte sulla casa maggiorate anche del 200%. Una scelta azzardata.
Non è un caso che ieri si siano schierati contro sia Pdl sia Pd. «Dobbiamo studiare cos’è e come si applica, ma per il Pdl la posizione è quella espressa dal segretario, ovvero non più un centesimo di tasse aggiuntive», ha chiarito Massimo Corsaro, vicecapogruppo del Pdl alla Camera. Sulla stessa linea il Partito democratico. «Credo che questo strumento vada riconsiderato e rivisto alla luce dell’incremento di tassazione degli immobili degli ultimi mesi», ha sottolineato Stefano Fassina, responsabile economico del Pd.
Unico a favore, il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini. «Vedo che Pd e Pdl - ha detto - si meravigliano che esista una tassa di scopo Imu bis. L’ha istituita Prodi e Berlusconi l’ha rafforzata. Invece di inventare ogni giorno un problema nuovo aiutiamo Monti. Non creiamo pretesti. Bisogna essere seri. Bisogna riflettere sulle conseguenze delle cose».
La conferma della tassa di scopo nell’era dell’Imu sembra molto un regalo che il governo fa ai comuni, senza spendere un centesimo, visto che pesa solo sui contribuenti.
Stesso spirito di un altro provvedimento che il relatore del provvedimento Gianfranco Conte indica come «il vero punto di caduta» del compromesso raggiunto tra comuni e governo. Cioè la possibilità data ai sindaci di aumentare il numero di dirigenti a tempo. E la «sanatoria» per quei comuni che ne hanno assunti in numero superiore rispetto ai limiti posti dalla riforma Brunetta.
Altro regalo a costo zero per il governo, ma non per le casse degli enti locali.
A pagarle, saranno comunque i cittadini visto che gli stipendi dei dirigenti di nomina politica sottraggono risorse ad altre spese per servizi o infrastrutture o a tagli delle tasse locali.
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