
Pierluigi Battista, (Pigi per gli amici) giornalista, scrittore, già vicedirettore ed editorialista del Corriere della Sera, studioso di storia, fieramente liberale, è un po' stufo del 25 Aprile. E anche di antifascismo. Soprattutto di quella «famiglia antifascista» che nasce da Stalin.
Stufo di 25 Aprile? Lo vuole abolire?
«No, per carità. Una celebrazione di una data così importante va bene. È l'ottantesimo anniversario. Noi facciamo sempre nozze d'argento, nozze d'oro, facciamo pure questo ottantesimo. Però dall'ottantunesimo facciamola finita».
Niente più festa?
«Facciamola diventare come il 2 Giugno: si mandano le corone, qualche discorso ufficiale, e punto. Il 2 Giugno è una festa che tutti quanti riconoscono. Che unisce gli italiani. Puoi essere di destra, di sinistra, ma più o meno ti riconosci nei valori repubblicani, no?».
Dobbiamo normalizzare?
«Sì, normalizziamo il 25 Aprile. Sa perché? Non si possono legare valori che sono universali, come la libertà e la democrazia, a un fatto specifico, molto circoscritto nella storia del mondo, come la liberazione del Nord Italia. Tra due o tre generazioni cosa faremo? Celebreremo la democrazia o la liberazione di Milano?».
Il 25 Aprile è sempre stata una festa della sinistra.
«Sì, e intorno al 25 Aprile ci sono state delle rotture. Negli anni Cinquanta addirittura si scissero le associazioni dei partigiani. C'era l'Anpi, legata al Pci, e poi una associazione di partigiani dc e liberali. Poi, col tempo, si era desacralizzato. Gli anni finali della prima Repubblica era una festa tranquilla, come il Primo maggio».
Quand'è che torna una festa divisiva?
«Il 25 aprile del '94. Pioveva a dirotto quel giorno. Berlusconi aveva appena vinto le elezioni. Era tornato il nemico e in piazza un'enorme folla diceva che stava tornando il fascismo. Il 25 Aprile tornò a essere la festa dell'allarme. In quel '94 Bossi partecipò al 25 Aprile e D'Alema decise che la Lega era una costola della sinistra».
Da allora sempre così?
«No, quando la sinistra è al governo il 25 aprile conta poco. Ci si limita a fare un corteo, a fischiare il padre della Moratti in carrozzina, a insultare e tirare le uova alla Brigata ebraica, senza che l'Anpi si scandalizzi».
Cos'è oggi l'Anpi?
«Il signor Pagliarulo, che viene spacciato per il capo dei partigiani, è esattamente come me. Né io né lui abbiamo combattuto. Allora, fregiarsi del titolo di partigiano quando non lo sei ha un significato: usurpi un titolo morale in più. Non è vero: tu sei niente. Hai gli stessi titoli morali miei. Se ti dichiari partigiano è come se io aderissi a una associazione di ex garibaldini».
Ha senso che esista ancora l'Anpi?
«Ha senso strumentale. Ti dico una cosa: questo signore che esalta i valori della resistenza italiana nega il valore della resistenza Ucraina. E fa il filo-putiniano. Che coerenza c'è? Lancio una sfida a Pagliarulo: andiamo il 25 aprile insieme a Kiev?».
Ha ancora senso parlare di antifascismo?
«Ha senso solo se si pensa che ancora ci sia un pericolo fascista. Oppure se si considera l'antifascismo come il creatore della democrazia, come se la democrazia sia nata il 25 aprile. Queste sono le basi teoriche dell'antifascismo nel 2025. E non è così: la democrazia è una cosa molto più grande e più antica del 25 Aprile».
È la ricerca del nemico?
«Sì. Prima Berlusconi, o anche Fini, e ora la Meloni. Ricordo quando persino Craxi veniva raffigurato con gli stivaloni del Duce. E addirittura Cossiga, che era un democratico assoluto. Il pericolo fascista è la grande menzogna. Oggi il pericolo autoritario viene dalla Russia di Putin».
Antifascismo e comunismo sono fratelli?
«C'è un antifascismo democratico, liberale, socialista. Poi esiste un antifascismo comunista. Stalin divideva il mondo tra fascisti e antifascisti. Ma è sempre esistito un altro potente antifascismo: Winston Churchill o Charles De Gaulle erano molto aspri coi comunisti. De Gasperi quando tornò dall'America ruppe il governo di unità nazionale coi comunisti».
Però Stalin, Churchill e De Gaulle combatterono insieme.
«L'antifascismo è una contingenza storica degli anni della guerra. Per combattere un nemico comune forze diverse si mettono insieme. Raggiunto l'obiettivo si torna al conflitto tra diversi. La democrazia dell'alternanza esige il rispetto degli avversari. Lo dico anche alla destra».
Ci saranno anche quest'anno gli scontri tra antifascisti militanti e antifascisti ebrei?
«Penso di sì. Ci saranno in piazza i giovani arabi che insultano gli ebrei. La Brigata ebraica ha contribuito alla liberazione dell'Italia. E invece loro pensano che quella bandiera è la bandiera di Netanyahu».
Il ministro Musumeci ha chiesto sobrietà nelle commemorazioni del 25 Aprile, visto che l'Italia è in lutto per la morte del papa. La sinistra è insorta. Dice che quello del governo è un riflesso pavloviano di stampo fascista.
«Non riesco a commentare: sono desolato. Traduciamo le frasi pronunciate dalla sinistra: un ministro ex governatore della Sicilia, di nome Musumeci sta organizzando una nuova marcia su Roma e non vuole più oppositori anzi li vuole mettere in galera: è così?».
Dicono che Giorgia Meloni deve dichiarare di essere antifascista.
«Non sopporto queste intimazioni: Devi dire se sei antifascista. Ma perché? Devi essere fedele alla Costituzione punto e basta».
D'Alema ha detto, più o meno, che Bergoglio era il leader della sinistra.
«Quindi morto Francesco è morta la sinistra? Ma poi non era la sinistra che fino all'altro ieri protestava per le ingerenze del Vaticano nella politica italiana?».
Anche Landini sembra riconoscere Francesco come leader.
«La sinistra fa fuori tutti i suoi leader e poi cerca il papa straniero. Zapatero, Lula, Obama, ora Bergoglio. L'idea è che tu devi fare come qualcun altro, non puoi fare da solo perché non sai cosa fare».
È un bene che tutte le autorità del mondo vengano a Roma a celebrare il Papa?
«È un bene. Mi meravigliai quando per la riapertura di Notre Dame, simbolo del cristianesimo, si precipitarono a Parigi tutti i leader del mondo tranne uno: il Papa».
C'è una grande
mobilitazione di atei. Sarà strumentalizzato politicamente il magistero di Francesco?«Muore un Papa e se ne fa un altro. Ci sarà un nuovo Papa con cui si discuterà. E la sinistra dovrà cercarsi un nuovo leader».
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