A pochi minuti dall'elezione di Papa Francesco sono stati avanzanti dubbi e ombre sull'operato di Jorge Mario Bergoglio. Uno su tutti: il ruolo svolto durante la dittatura militare argentina di Jorge Videla.
Diversi quotidiani internazionali, dal New York Times alla Bbc Mundo passando per il foglio argentino Pagina 12, poneva l'accento sulle accuse di connivenza del gesuita con Videla. È persino comparsa in rete una foto del 1990 in cui un prete fa la comunione al dittatore. Ma non c'è nessuna prova che quel prete fosse Bergoglio.
Il New York Times ha evidenza la differenza tra il Bergoglio dei tempi della dittatura argentina e quello dei tempi dei governi Kirchner. Se nei confronti di questi ultimi (quello di Nestor prima e quello di Cristina poi) il prete è stato più volte critico, stigmatizzano le loro politiche economiche non attente alle diseguaglienze sociali, biasimando la corruzione e l'approvazione delle nozze gay, con Videla l'atteggiamento fu diverso. Insomma, Bergoglio viene accusato di "essere a conoscenza degli abusi della Sporca Guerra e di non aver fatto abbastanza per fermarli mentre 30mila persone sparivano, venivano torturate o uccise dalla dittatura".
Come fonte di questa opinione c'è un libro ("Il volo"), scritto dal giornalista argentino Horacio Verbitsky, in cui viene svelata l’esistenza del piano di soppressione degli oppositori al regime attarverso i voli della morte. In quel periodo, la chiesa argentina fu tutto meno che oppositrice.
Sull'operato di Bergoglio non ci sono prove di responsabilità, ma c'è una storia che parla di due sacerdoti. Dopo il golpe del 1976 Bergoglio era Superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina e come tale esercitava un potere enorme sulle comunità ecclesiastiche di base, che lavoravano nelle baraccopoli di Buenos Aires.
Ecco. Un mese prima del colpo di stato, Bergoglio avrebbe chiesto a due sacerdoti, Orlando Yorio e Francisco Jalics, che lavoravano proprio in queste comunità di base, di abbandonare quel lavoro. I due si rifiutarono, ma Bergoglio, dopo averli cacciati dalla Compagnia di Gesù, fece pressione sull’allora arcivescovo di Buenos Aires perché impedisse loro di dir messa.
Insomma, dopo un comportamento del genere, il rischio che i sacerdoti venissero considerati oppositori progressisti era alto. E infatti, pochi giorni dopo il golpe di Videla, i due sacerdoti furono rapiti. Dopo sei mesi di prigionia nella Escuela Mecanica de la Armada (Esma), il centro clandestino da cui partivano i voli della morte i due vennero rilasciati. Pare che furono pressioni esercitate dalla Chiesa da Roma a salvar loro la vita.
In difesa di Bergoglio si è schierata l'Associazione 24 marzo, storica organizzazione parte civile nei processi contro i militari argentini in Italia, il cui presidente Jorge Ithurburu ha dichiarato: "Una cosa è la responsabilità della chiesa cattolica come organizzazione, altra quella dei singoli. Bergoglio all’epoca non era neanche vescovo e di sue responsabilità individuali non c’è traccia, è evidente che l’episodio può essere letto in due modi: i capi dei due gesuiti sono responsabili di averli lasciati soli, oppure si può pensare che gli stessi capi siano intervenuti per ottenerne la liberazione.
Propenderei per la seconda ipotesi: l’Esma non liberava nessuno per caso. Ma nessuno nella Chiesa ammetterà mai che è stata condotta una trattativa segreta. La Chiesa nonparla di queste cose. La liberazione dei due sacerdoti resta però un fatto".
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