In piazza per difendere i diritti dei lavoratori. Ma quando si tratta di pagarli i leader della Pd e della sinistra se ne scappano a gambe levate. Fico, Boldrini, Bellanova, Di Battista, Soumahoro: tutti con il braccino corto e allergici a pagare (e dire grazie) ai propri lavoratori. E poi c’è il «il campione del riformismo: il sindaco di Milano Beppe Sala che vuole un social media con uno stipendio da 9 euro lordi all’ora. Natale, Pasqua e Capodanno compresi. Un’idea rivoluzionaria di salario minimo. Chapeau. Tutti i leader della sinistra con il braccino corto hanno anche un’altra cosa in comune: sono sempre pronti a minacciare querele. La storia recente ci ha regalato tante bandiere della sinistra cadute sui lavoratori. Laura Boldrini è forse il nome più illustre. Ma anche quello che fa più rumore. Un doppio inciampo. L’assistente e la colf avrebbero rivendicato dall’ex numero uno di Montecitorio, oggi tra i big del Pd, stipendi e straordinari. Ma la Boldrini nega e minaccia querele. Il caso rimbalza un anno fa. L'ex colf di nazionalità moldava si è rivolta a un patronato di Roma per chiedere il pagamento della liquidazione di 3000 euro, a dieci mesi dalla fine del contratto, dopo una collaborazione durata otto anni. Anche Roberta, la sua ex collaboratrice parlamentare, aveva raccontato al Fatto di mansioni che esulavano dai propri compiti contrattuali. «Ho lavorato due anni e mezzo con la Boldrini posso dire che ho tre figli, partivo il martedì alle 4.30 da Lodi per Roma, lavoravo per tre giorni 12 ore al giorno, dalla mattina presto alle nove di sera. Per il resto lavoravo da casa, vacanze comprese. Guadagnavo 1.200 / 1.300 euro al mese, da questo stipendio dovevo togliere costi di alloggio e dei treni da Lodi». Boldrini aveva parlato di equivoco. La colf è stata la buccia fatale per un altro presidente della Camera: Roberto Fico. Le Iene tirano fuori la storia della domestica pagata in nero dall’allora presidente di Montecitorio nell’abitazione di Napoli. Fico si infuria e denuncia il programma Mediaset. Querela persa (per Fico). Altro verdetto negativo è arrivato per l’ex ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova, sindacalista come Saumahoro. La Corte di Appello di Lecce ha condannato l’ex ministra delle Politiche agricole e il Pd provinciale di Lecce per aver impiegato per oltre tre anni un addetto stampa senza averlo mai assunto come dipendente. Per i giudici di fatto l’addetto stampa era un dipendente del partito. La Corte d’Appello ha riconosciuto la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato e condannato Bellanova e il partito a risarcire il lavoratore e a pagare le spese processuali. Il Pd provinciale e Bellanova dovranno pagare oltre 50 mila euro a Maurizio Pascali: 43 mila il partito e 6.700 l’ex sindacalista. Storia simile è accaduta alla federazione Pd di Napoli: l’ex portavoce Alessandra Romano rivendica gli stipendi arretrati: il caso è finito in Tribunale. C’è poi il “leader morale” della sinistra: Alessandro Di Battista, il Che grillino che gira il mondo alla scoperta di idee per i suoi libri. Nel 2018 l’azienda del padre, Vittorio Di Battista, finì nella bufera per debiti e stipendi non pagati ai lavoratori.
Nulla di male. La strategia è semplice: quando si tratta di mettere mano al portafogli scappare. Fuga. Fratoianni e Bonelli chiedono l’autosospensione di Soumahoro. Perché mai? È così in buona compagnia tra Pd e sinistra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.