"È la pasta dei fascisti". L'ultima delirante campagna della sinistra: boicottare Rummo

Salvini visita lo stabilmento di Benevento e la sinistra perde la testa. Il patron della pasta: "Servirebbe uno psichiatra"

"È la pasta dei fascisti". L'ultima delirante campagna della sinistra: boicottare Rummo
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Sarebbe mai potuta mancare la sinistra perdigiorno che "C'è Matteo Salvini di mezzo, e allora io ti boicotto"? Ovviamente no. E così è bastato che il leader del Carroccio facesse visita allo stabilimento Rummo di Benevento, rinato dalla disastrosa alluvione che l'aveva travolto nel 2015, perché i soliti noti dall'odio facile facessero partire un'assurda campagna contro quello che è uno dei fiori all'occhiello del made in Italy sulle tavole di tutto il mondo. L'hanno ribattezzata la "pasta dei fascisti" e accusano il marchio campano di fare affari col "secessionista padano". Una shitstorm in piena regola degna dei tempi che corrono: l'hashtag #boicottarummo e la valanga di fango sul vice premier leghista sono l'immagine plastica del livore di una sinistra che, pur essendo minoranza nel Paese, riesce a intasare i social peggio di un bagno chimico ad un rave party.

Cosimo Rummo è sconvolto. Non se lo sarebbe mai e poi mai aspettato. "Sono letteralmente senza parole", dice al Corriere della Sera. Lui che aveva accolto Paolo Gentiloni quando era presidente del Consiglio o Andrea Orlando quando era ministro, adesso si sente addosso l'astio e il rancore degli odiatori di professioni che lo vogliono in croce per aver aperto le porte dello stabilimento di Benevento a Salvini. "Rimango dispiaciuto e meravigliato per il livello di democrazia e educazione che c'è in Italia - commenta amareggiato - siamo un’azienda aperta a tutti. Non capisco che cosa contestino". Basta scorrere la bacheca di X per capire che il livello del "dibattito" è bassissimo, addirittura infimo. Il boicottaggio non è solo pretestuoso e fuoriluogo, è addirittura violento. Di una violenza che solo certa sinistra sa tirare fuori. Quella stessa sinistra che poi non perde occasione per gridare in piazza che queste destre vogliono restaurare la dittatura fascista. A questi Cosimo Rummo tenta di spiegare (anche se difficilmente ne comprenderanno mai il senso) che "è un onore e un orgoglio poter accogliere le istituzioni". "Io non chiedo la tessera di partito a nessuno quando entra a casa mia - continua - le aziende hanno un valore sociale. Io lavoro con tutto il mondo".

Non è certo la prima volta che certi leoni da tastiera si fanno prendere la mano con simili boicottaggi. Ne sa qualcosa la Barilla che era finita nello stesso pantano social una decina di anni fa quando Guido Barilla alla Zanzara aveva detto che non avrebbe mai avallato uno spot con una famiglia gay. "Non è per mancanza di rispetto agli omosessuali, che hanno diritto di fare quello che vogliono senza disturbare gli altri - aveva spiegato ai microfoni di Radio24 - ma perché non la penso come loro". Apriti cielo. "Mai più" e l'hashtag #boicottabarilla. Stesso copione, insomma. Solo che allora la piattaforma si chiamava Twitter e non era ancora finita nelle mani di quel "fascio" di Elon Musk. Ma, se Guido Barilla era condannato sulla pubblica piazza dei social per aver osato esprimere un'idea fuori dal coro, Cosimo Rummo è finito alla sbarra per ancora meno.

Cos'altro avrebbe mai potuto fare: mettere alla porta Salvini? "Servirebbe uno psichiatra", commenta sconsolato l'imprenditore campano. Già, un bravo analista che psicanalizzi questa sinistra completamente fuori di testa.

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