Pisapia non dà spazi a D&G ma apre a rom e no global

Il doppiopesismo della giunta milanese: accusa i due stilisti poi regala aree in città a nomadi e centri sociali che li occupano illegalmente. Allarme bomba in un negozio

Pisapia non dà spazi a D&G ma apre a rom e no global

Milano - Ieri secondo giorno di serrata per i nove negozi di Dolce&Gabbana a Milano, da via della Spiga a corso Venezia, più il ristorante Gold di via Poerio. Blitz degli animalisti e giallo per un allarme bomba. Gli stilisti dicono che i 250 lavoratori saranno ugualmente pagati, ma anche oggi serrande abbassate per protesta contro l'assessore della giunta rosso-arancione di Giuliano Pisapia che li ha ghigliottinati senza processo, accusandoli di evasione fiscale e affermando che a gente così non andrebbero concessi gli spazi pubblici. Da domani il ritorno a una normalità che dopo una frattura così grave riguarderà solo i manichini in vetrina e i giapponesi che potranno ricominciare a riempire le buste di moda italiana. Perché il rapporto con chi guida la città sarà ben difficile da ricostruire e restituire l'Ambrogino (l'onorificenza di Milano) è più che un'ipotesi.

Nel Giornale di ieri Vittorio Feltri diceva di una capitale morale diventata moralista. E da vocabolario «fare il moralista, attenersi, spec. con ipocrita e acceso formalismo, alle regole della morale». Ma qui c'è anche di più. C'è l'ignoranza della più elementare nozione giuridica e peggio (perché non di scarsa conoscenza s'è trattato) il dispregio dello stato di diritto che pretende l'innocenza fino a giudizio avvenuto. Per chiunque, compresi Domenico Dolce e Stefano Gabbana che potranno anche non comparire nel pantheon di una giunta sinistra già presidiato da centri sociali e rom, ma non per questo possono essere trattati così. E non da un assessore qualunque, il cui editto bulgaro il sindaco vorrebbe liquidare come semplice «battuta improvvida», perché Franco D'Alfonso è il vero ideologo di Pisapia, quello che ne ha ispirato il programma elettorale e tessuto la rete di relazioni. Imponendo a Milano un cambio di rotta dopo decenni di centrodestra. E così, a chi oggi pretende giustizia addirittura prima della sentenza, vanno ricordati i tanti spazi pubblici e privati occupati a Milano da no-global e anarchici. E magari le troppe titubanze di fronte all'occupazione della Torre Galfa trasformata nel collettivo Macao dove Pisapia andò addirittura a parlare saldando così il suo debito elettorale con gli «antagonisti». Dov'erano i codici quella volta? Così come se li sono dimenticati al momento di stabilire gli indennizzi per abbattere le villette abusive nel campo rom di via Monte Bisbino. E per una strada indispensabile all'Expo, Comune o Regione (stanno litigando, ma son comunque soldi nostri) sborseranno un milione e 400mila euro a chi quelle case non avrebbe mai dovuto nemmeno costruirle. E qui dov'è la legalità? Il rigore?

Certo, per la sinistra è molto semplice la sparata contro due imprenditori il cui successo attira inevitabili invidie che affrontare con serietà emergenze come i centri sociali o gli insediamenti dei nomadi. Due vivai di tutto quel che sappiamo.

Ricordando che D'Alfonso era l'assessore che voleva proibire la vendita dei coni gelato dopo la mezzanotte. Un altro scivolone a cui Pisapia fu costretto a mettere una toppa. Ma le toppe non servono, perché questi non sono come ingiustamente si dice scivoloni, ma il vero Dna di chi oggi amministra Milano. E, infatti, D'Alfonso dice che tutto è diventato «un'operazione di marketing per conquistare le prime pagine dei giornali, per la quale D&G sono autentici e giustamente celebrati maestri». Non di marketing, assessore D'Alfonso si tratta, ma del diritto a essere giudicati prima da un giudice che da un assessore. E, anche in quel caso, a poter separare la propria vicenda personale da quella di un'azienda che porta con orgoglio il nome dell'Italia nel mondo. E dà lavoro a migliaia di persone.

Ieri la

notizia che Fulvio Martusciello ed Enrico Panini, assessori al Commercio della Regione Campania e del Comunale di Napoli sono «pronti a discutere con Dolce e Gabbana per il trasferimento a Napoli». Vesuvio contro Pisapigrad.

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