Il pm di Mps parla troppo: indagato

Chi tocca il Pd va nei guai. Natalini avrebbe svelato segreti sull'inchiesta a un legale suo amico, che era intercettato

Il pm di Mps parla troppo: indagato

Quasi non ci si crede: hanno inviato un avviso di garanzia ad uno dei pm di Siena che indaga sullo scandalo del Monte dei Paschi. Verrebbe da sorridere. Ma come, già l'indagine è esplosa in ritardo ed è andata avanti a rilento, poi è saltato fuori, nello scetticismo generale, che la famosa tangente su Antonveneta sarebbe solo fantasia. Adesso si scopre che il pm Aldo Natalini avrebbe, il condizionale è d'obbligo, ricevuto un provvedimento giudiziario per violazione del segreto istruttorio. Parlava a ruota libera il magistrato, solo che il suo interlocutore, l'avvocato Samuele De Santis, era intercettato dalla procura di Viterbo per tutt'altra storia. Risultato: De Santis è stato arrestato, le conversazioni telefoniche a briglia sciolta, di cui ha dato notizia ieri il Giornale d'Italia, avrebbero azzoppato Natalini che cercava di venire a capo del pasticcio miliardario del Monte.

Nessuno si permette di sindacare l'operato dei pm di Viterbo, ma fa una certa impressione - se l'indiscrezione sarà confermata - sapere che chi s'infila sulla pista delle tangenti rosse, per un motivo o per l'altro, finisce nei guai. Se invece sei un giudice del Cavaliere, tanto per citare a caso, qualunque fesseria viene perdonata e finisce rapidamente in archivio. Se n'è avuta l'ennesima prova l'altro ieri quando l'incredibile intervista concessa dal presidente del collegio Mediaset Antonio Esposito al Mattino di Napoli è stata prontamente neutralizzata da un coro di autorità varie, dai vertici della Cassazione a quelli dell'Associazione nazionale magistrati, pronti a spiegare che sì, l'uscita di Esposito è stata intempestiva, inopportuna, fuori misura, ma comunque non avrà conseguenze né sul piano disciplinare né su quello processuale.

Intendiamoci, può anche essere che sia così e però certi accostamenti stridono. Quando si scava, diciamo così, sul fronte delle mazzette rosse e post rosse, c'è sempre una sorpresa, un impiccio, un pm che perde la trebisonda, un morto che muore al momento giusto. Ricordate la tangente da un miliardo di lire destinata a Botteghe Oscure? Pochi giorni fa, Antonio Di Pietro ha svelato che il nome del destinatario avrebbe dovuto farglielo Raul Gardini. Ma la mattina fissata per l'interrogatorio, il 23 luglio di vent'anni fa, Gardini si sparò e portò, come si dice in questi casi, il segreto nella tomba. Quando poi la procura di Milano si è imbattuta nei furbetti del quartierino e nelle scalate bancarie dell'Unipol di Francesco Consorte, con tifo annesso di Fassino e D'Alema, è successo di tutto. Per una volta è saltata la testa di un magistrato, il procuratore aggiunto di Roma Achille Toro, che passava allegramente informazioni al collega milanese Francesco Castellano, a sua volta amico di Consorte. Poi, quando le intercettazioni dei big del partito sono emerse, la stessa procura ne ha disposto la consultazione in una sala blindata in cui gli avvocati potevano entrare solo dopo essere stati identificati. Una rete di sicurezza mai vista. Ora viene colpito uno dei pm di Siena, oltretutto nelle stesse ore in cui Esposito dà il via ad un penoso show: anticipa in corsa le motivazioni che il relatore deve ancora scrivere, poi tenta di buttare la croce addosso al giornalista che si sarebbe inventato i passaggi più problematici del colloquio e viene così ricoperto di ridicolo dal direttore del Mattino Alessandro Barbano che pubblica sul sito del quotidiano la parte più scottante dell'intervista. Un capolavoro che però viene chiuso in tempo reale dai colleghi del giudice. Ansiosi di seppellire l'incidente sotto la calura estiva. E solo l'insistenza di alcuni membri laici ha fatto accendere sul caso i riflettori del Csm.

Chissà che succederà a Natalini. La procura di Siena ha diramato un comunicato a difesa del magistrato, minacciando querele: «Non è mai venuto meno – recita – ai suoi doveri di riservatezza». E da ambienti legali di Viterbo sembra, anzi, che il caso stia per essere archiviato. Certo, le ragioni dell'avviso di garanzia non sono ancora chiare. Però non è difficile capire com'è andata. Natalini e De Santis erano amici e erano stati compagni di corso all'università: così al telefono il primo raccontava al secondo l'inchiesta del momento, magari allargandosi troppo e arrivando, a quanto sembra, a sottolineare gli stessi punti deboli dell'indagine e le possibili strategie difensive del Pd. Un'imprudenza, ma la «lezione» di Natalini è stata ascoltata da una sola persona, l'intervista di Esposito è stata compulsata da tutta Italia.

Si vedrà, non tutto è chiaro a Siena, anche perché, tanto per cambiare, la vicenda è passata sotto silenzio. Fosse successo a Milano, chissà che clamore ci sarebbe stato. Ma una cosa è sicura: quando si toccano i fili rossi, i pm s' incartano. E il più delle volte fanno flop.

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