Gli avvocati di Slvio Berlusconi insorgono questa mattina di fronte alla Corte d'appello che rifiuta il rinvio dell'udienza a carico del Cavaliere per la vicenda dei diritti tv. Di fronte alla determinazione dei giudici nel portare avanti il processo anche durante la campagna elettorale, Ghedini e Longo hanno ipotizzato la necessità di rinunciare al mandato difensivo. Ed è stato alla fine solo per dare ai due legali il tempo per consultarsi con il Cavaliere su questa mossa che la Corte d'appello si è rassegnata a concedere un rinvio dell'udienza. Ma solo fino all'8 febbraio, quando dovrebbe tenersi la requisitoria.
Piero Longo, legale di Berlusconi, aveva annunciato alla Corte la sua decisione di abbandonare l'aula dopo che la Corte, presieduta dal giudice Alessandra Galli, aveva respinto la richiesta di rinvio motivata con gli impegni elettorali del principale imputato. Dopo una lunga camera di consiglio, la Galli aveva reso noto che la Corte non considerava gli appuntamenti documentati da Berlusconi degli impegni istituzionali improrogabili e aveva dato la parola al procuratore generale Laura Bertolé Viale perché pronunciasse la requisitoria. Ma a quel punto Ghedini e Longo hanno preso nuovamente la parola. Ghedini, pur senza formalizzare la sua decisione di abbandonare l'aula, aveva affermato che con la decisione di oggi il ruolo della difesa nel processo diventa assolutamente superfluo, "perché voi vi considerate l'unica istituzione, mentre anche noi avvocati lo siamo perché attraverso di noi si realizza il diritto costituzionale alla difesa". Inoltre, secondo Ghedini, la Corte si sarebbe appellata, nello stabilire il calendario delle udienze, alla leale collaborazione tra le diverse parti del processo "ma quella che ci viene chiesta é in realtà una collaborazione a senso unico, visto che non avete mai spostato neanche di una virgola le udienze che avevate fissato".
I legali di Berlusconi hanno ribadito che la loro richiesta era di rinviare il processo a dopo le elezioni, congelando nel frattempo i termini della prescrizione. "Voi - ha detto Piero Longo - negate la serenità dei comizi elettorali. Mi scuso con il procuratore generale ma non assisterò alla requisitoria. Nomino un sostituto nella persona di qualche collega non candidato. Ci recheremo nei nostri territori per svolger questa campagna elettorale che voi non ritenete degna di attenzione". A quel punto sia Ghedini che Longo hanno lasciato l'aula.
Non è ancora la rinuncia formale al mandato difensivo, recentemente ventilata dai legali del Cavaliere, ma è indubbio che quello di Ghedini e Longo è un gesto fortemente polemico di fronte ad una decisione che - a differenza di quelle prese da altri giudici negli altri processi - fa proseguire le udienze in modo sostanzialmente indifferente agli impegni elettorali.
In questo processo Berlusconi è stato condannato in primo grado a quattro anni di carcere, di cui tre condonati. Dopo l'uscita dall'aula di Ghedini e Longo, il procuratore generale Bertolé Viale aveva preso a sua volta la parola invitando tutti ad un clima più disteso e - caso più unico che raro - invitando i giudici a rivedere la loro ordinanza. La Corte si è ritirata per decidere. Ed è stato alla fine proprio la sorpresa di ritrovarsi contro anche la Procura generale che ha convinto i giudici a fare una mezza marcia indietro. In un'aula semideserta, perché anche i difensori degli altri imputati se ne erano andati, la Corte ha letto la nuova ordinanza.
I giudici non si sono rimangiati la loro ordinanza, come chiedevano accusa e difesa, ma hanno comunque rinviato il problema al prossimo venerdì. Quando, c'è da scommetterci, la faccenda si ripresenterà negli stessi medesimi termini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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