Per le «esternazioni» dell'ormai ex procuratore aggiunto Antonio Ingroia è finito nel mirino del Csm, che lo accusava di essere succube del suo pm e alla fine ce l'ha fatta per un pelo. Per quelle del pm Nino Di Matteo sulle intercettazioni del capo dello Stato ha tuttora in corso un procedimento, per omesso controllo sul suo ufficio. Per l'ultima uscita del suo pm Vittorio Teresi, che ha dato «quattro meno» ai giudici che hanno scritto la sentenza che ha mandato assolto Mario Mori, sostenendo che sono andati fuori tema visto che hanno bocciato il teorema della trattativa Stato-mafia, finora non ha avuto guai. Ma stavolta Francesco Messineo, procuratore capo di Palermo, gioca d'anticipo. E fissa in una circolare una sorta di decalogo cui i suoi sostituti sono vivamente pregati di attenersi. Per mettere punto agli scontri con la politica o tra le stesse fazioni contrapposti delle toghe.
Dunque, in una delle Procure più calde d'Italia, si cambia musica, basta esternazioni. Sempre che le indicazioni del capo vengano seguite, specie dai pm più esposti. D'ora in poi, secondo le nuove regole, è viatata ai pm «l'esposizione di opinioni personali ed orientamenti lato sensu ideologici». E questo vale anche nel caso in cui, magari durante conferenze stampa, vengano poste domande provocatorie. Nel caso in cui questo accada, occorre «rifiutare garbatamente» le domande fuori tema, evitare «assolutamente enfatiche e generalizzate denigrazioni di intere categorie sociali e a maggior ragione di singole persone, con particolare accentuato divieto per gli altri soggetti del processo».
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