Roma - Un terremoto così alla Rai non si era mai visto: il ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, che «sfiducia» il suo rappresentante nel consiglio d’amministrazione, Angelo Maria Petroni, chiedendo la convocazione dell’assemblea degli azionisti di Viale Mazzini per arrivare alla sua rimozione. E tutto il governo che decide di intervenire sulla situazione di stallo che si è creata ai vertici dell’azienda, presentando al prossimo Consiglio dei ministri un progetto di riforma della Rai. Il ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, indica gli obiettivi: maggiore separazione dell’attività della Rai dai partiti e dalla politica; più efficienza aziendale e separazione più netta tra attività finanziate dal canone e quelle finanziate dalla pubblicità all’interno dell’azienda.
La notizia della lettera di Padoa-Schioppa al premier Romano Prodi, in cui dichiara «interrotto» il rapporto fiduciario con Petroni, trapela già prima della fine del Consiglio dei ministri. Poi, sono il sottosegretario alla Presidenza Enrico Letta e il ministro Gentiloni a spiegare che cosa è successo. Padoa-Schioppa scrive di «crisi gestionale perdurante» della Rai, di «situazione di stallo» che va affrontata. Lo sfiduciato è di centrodestra, mentre l’altro rappresentante dell’Economia nel Cda Rai, è il presidente Claudio Petruccioli. A quest’ultimo Padoa-Schioppa si appella per la convocazione dell’assemblea dei soci: della richiesta si discuterà mercoledì nel Cda, ma la convocazione dovrà essere controfirmata da 4 membri: oltre ai 3 dell’Unione, almeno uno della Cdl. Prodi scriverà una lettera al presidente della commissione di Vigilanza Rai, Mario Landolfi, perché l’organismo parlamentare discuta dello «stallo» in cui si trova la Rai e già martedì potrebbe esserci un’audizione del ministro dell’Economia. A Palazzo Chigi la mossa di Padoa-Schioppa viene condivisa anche della sinistra radicale che non risparmia critiche al ministro su altri fronti. Ferrero, titolare Prc della Solidarietà sociale, conferma: «C’è stato il consenso di tutti. C’è un problema in Rai: non sono stati in grado di gestire l’azienda e quindi l’azionista deve fare il suo mestiere».
Mentre l’opposizione insorge contro un atto che considera illegale, il ministro della Giustizia chiede che si dimetta tutto il Cda della Rai e si elegga un nuovo Consiglio con un presidente dell’opposizione. Per Clemente Mastella l’impostazione del governo è «corretta», ma ora si pone un problema politico. «Oggi, oggettivamente - spiega il Guardasigilli -, presidente e direttore generale rispondono alla stessa coalizione di maggioranza. È uno squilibrio che francamente non si tiene in piedi politicamente». Ci vuole l’azzeramento di tutto il Cda, fa eco Antonio Satta dell’Udeur. Per Antonio Di Pietro, ministro delle Infrastrutture e leader dell’Idv, la decisione di Padoa-Schioppa era necessaria, ma non sufficiente: ora il governo deve procedere alla «revisione completa» del servizio dell’informazione pubblica. «Era un atto dovuto», per il ministro dell’Ambiente e leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio. Roberto Cuillo, responsabile Informazione Ds, sostiene che la sfiducia a Petroni «restituisce dignità al servizio pubblico televisivo» e che ora è doveroso accelerare la riforma della governance della Rai, che sarà presentata dallo stesso Prodi al Consiglio dei ministri la prossima settimana. Secondo Maurizio Beltrandi, membro della commissione parlamentare di Vigilanza della Rnp, servirebbe il commissariamento della Rai. Niente di strano nella decisione di Padoa-Schioppa, per il leader del Pdci Oliviero Diliberto, semmai la decisione è «tardiva». La sfiducia è legittima e necessaria, per Giovanni Russo Spena del Prc, perché la presenza di Petroni nel Cda Rai «ha portato alla paralisi dell’azienda» ed è «allucinante» che la Cdl protesti. Sono «strepiti fuori luogo e oltre misura» quelli del centrodestra per Fabrizio Morri, capogruppo dell’Ulivo in commissione di Vigilanza Rai: «Bisogna restituire all’azienda una capacità di autogoverno, compromessa ormai da mesi dall’atteggiamento ostruzionistico dei consiglieri della Cdl, dalle scorrettezze amministrative e, forse, penali dei medesimi, fin dal caso Meocci».
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