"Referendum sull'autonomia? Quesito a rischio bocciatura"

Il costituzionalista: "L’abrogazione mina delle tutele previste dalla Carta". E il quorum manca dal 2011

"Referendum sull'autonomia? Quesito a rischio bocciatura"
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Meglio la padella dell’Autonomia o la brace del referendum abrogativo? Il quesito - è il caso di dirlo attanaglia la politica: esserci o non esserci nella battaglia referendaria votata all’abrogazione della riforma firmata dal ministro Roberto Calderoli? Cancellare la legge è davvero la soluzione giusta? Il quorum verrà raggiunto? E chi dice che la Corte costituzionale accetterà il quesito?

Andiamo con ordine. Dal punto di vista giuridico la riforma potrebbe rientrare nelle leggi «costituzionalmente necessarie» che la Corte ha deciso di risparmiare dalla mannaia referendaria, con una giurisprudenza consolidata sin dal 1978. Come spiega al Giornale Alessandro Sterpa, il costituzionalista autore del libro Premierato all’italiana (Utet) che sarà presentato ufficialmente il prossimo 23 luglio alle 11 al Centro studi americano di Roma, a partire dalla sentenza numero 16 del 1978, «la Corte ha costantemente affermato l’esistenza di “valori di ordine costituzionale” per alcune norme ordinarie “a contenuto costituzionalmente vincolato”», che se abrogate, in parte o del tutto, sopprimerebbero assieme alla norma anche «la tutela minima per situazioni che tale tutela esigono secondo la Costituzione». Quindi, se abrogazione deve essere, il quesito deve essere posto con molta attenzione per evitare di essere cestinato. «Una volta modificata , la norma deve essere autoapplicativa», spiega Sterpa. Ma il referendum taglia con l’accetta, non con il bisturi.

Uno degli esempi più comprensibili è la legge elettorale, la cui abolizione referendaria sarebbe complessa proprio per questo vincolo. È successo di recente anche sull’eutanasia, con il quesito dei Radicali che avrebbe riscritto l’articolo del Codice penale sull’omicidio del consenziente, respinto dalla Corte costituzionale perché l’abrogazione, ancorché parziale, non preservava «la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana», soprattutto per le persone deboli e vulnerabili.

La riforma dell’Autonomia rientra in questo perimetro? «La sentenza numero 45 del 2005 C’è una giurisprudenza precisa dal 1978 La norma, una volta abrogata, dev’essere autoapplicativa I paletti La Corte ha affermato l’esistenza di alcune norme «a contenuto vincolato» dalle tutele previste dalla Carta I precedenti La sentenza 45 del 2005 precisa che la natura di queste tutele è determinata da una pluralità di rilevanti interessi spiega Sterpa - precisa che questa natura possa essere determinata da una pluralità di rilevanti interessi costituzionali, i quali, nel loro complesso, postulano quanto meno un bilanciamento tra di essi che assicuri un livello minimo di tutela legislativa». E proprio perché l’equilibrio sulla materia è stato raggiunto in Parlamento, grazie a un delicatissimo lavoro di ricucitura politica sottotraccia del presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Alberto Balboni (Fdi), è davvero opportuno buttare a mare tutto il lavoro di governo e Parlamento fatto finora, anche sui vincoli di spesa che la riforma dà alle Regioni rispetto ai capitoli approvati prima dell’Autonomia?

Anche le Regioni si stanno muovendo in ordine sparso. L’Emilia-Romagna chiede il referendum dopo aver chiesto di fatto una riforma, la Campania sta preparando un quesito parzialmente abrogativo della legge, il Veneto è già pronto a trattare con il governo se l’abrogazione andasse in porto, approfittando della vacatio. Per non parlare del rischio quorum. Fatta eccezione per il referendum del 12 e 13 giugno 2011 contro la «privatizzazione» dell’acqua, di fatto ampiamente tradito, è dal 1995 che non si raggiunge il 50% + uno degli elettori. E la deriva sull’astensionismo alle Europee non fa ben sperare... La sensazione è che dietro questo «tatticismo normativo» non ci sia affatto la necessità di salvare le Regioni e il Paese da una legge che la sinistra definisce pasticciata e pericolosa, ma di usare strumentalmente la richiesta di maggiore autonomia dei governatori per presentare il conto al premier Giorgia Meloni, come ad avvisarla che se perde il referendum sull’Autonomia - anche con un quorum risicato - rischia di fare lo stesso anche su quello confermativo rispetto alla riforma costituzionale sul premierato e sulla separazione delle carriere tra giudici e pm.

Il

rischio è che la raccogliticcia armata Brancaleone anti Meloni si metta in viaggio su un sentiero pericolosissimo, ricco di insidie più per l’opposizione che per la Meloni. A conferma della vocazione a perdere della sinistra.

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