Il regolamento vale per tutti e il pubblico non ci perde

Il regolamento vale per tutti e il pubblico non ci perde
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Sì ma uno non può fare sempre la vittima, questa volta perché gli hanno tolto una trasmissione, dimostrando così di non essere uno scrittore. Ancora peggio se la vittima la fai alla Rai, che da quando c’è è lottizzata dai partiti. Se la partita te la giochi politicamente, sempre politicamente, è normale che politicamente una volta ci guadagni, una volta ci perdi.

Saviano ci ha sempre guadagnato: se lo tocchi è un martire, se non lo tocchi è un martire. Io un perseguitato così onnipresente non l’ho mai visto, forse la Murgia, forse Saviano e la Murgia sono la stessa persona, un mutante transgender, un murgiaviano, non lo so. Intendiamoci, i libri ci sono, ma non si possono definire opere, piuttosto pere, perette, perette sociali con la data di scadenza legata alla visibilità televisiva: fossimo stati negli anni Dieci non sarebbe stato Proust, sarebbe stato Pierre Hamp, che oggi conosciamo solo perché se ne lamenta Proust nel suo epistolario (lo segnalo a Alain Elkann, magari si fa un altro in giro in treno a leggere le lettere di Marcel).

Quello a cui ha sempre aderito Saviano è il sistema di potere culturalmente dominante, quello del circolino Repubblica-Fazio-Corriere, tra Robinson e La Lettura. Quello che pochi sanno, ma ho già ricordato in altre due occasioni, è che dovetti stare al confino per anni prima di pubblicare per Mondadori. Perché, mi venne detto, ero un nemico di Saviano, c’era un veto (mai smentito da nessuno). Già, perché Gomorra, il bestseller di Saviano fu pubblicato da Silvio Berlusconi. Io andai semplicemente in Bompiani accolto da Elisabetta Sgarbi, nessuna lagna. Mi sembrava solo paradossale che come scrittore collaborassi con il Giornale di Berlusconi e non potessi pubblicare con la Mondadori di Berlusconi per via di Saviano che era contro Berlusconi. Berlusconi non seppe niente di tutto questo, né me ne lagnai, e a Berlusconi piaceva aver pubblicato quel bestseller contro la mafia. Tant’è che, pur essendo autore dell’«opera d’arte fondamentale della letteratura italiana» (parole di Edmondo Berselli su L’Espresso), se anche mi offrissero una trasmissione rifiuterei. Io sono uno scrittore, come persona sono invisibile, non voglio essere neppure più ospitato, non voglio esistere se non in quello che scrivo.

PS: in seguito, appena pubblicai con Mondadori perché Saviano migrò in Feltrinelli, uscì il romanzo di Saviano La paranza dei bambini. Lo lessi e lo trovai bello. Lo dissi proprio a Alessandro Gnocchi, capo cultura del Giornale: «È bello». E Gnocchi: «Allora scrivilo, che è bello».

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