Il M5S archivia un altro tabù: via le restituzioni, soldi solo al partito

I grillini pronti a rinunciare all'ennesimo cavallo di battaglia. Ma non mancano i malumori...

Il M5S archivia un altro tabù: via le restituzioni, soldi solo al partito

Potrebbe essere presto archiviato il regolamento interno al Movimento CinqueStelle che prevede per i parlamentari la prassi di attuare le "restituzioni", vale a dire quei versamenti fatti con l'obiettivo di supportare economicamente progetti a favore della collettività: una donazione effettuata rinunciando a parte di diaria e indennità.

Secondo quanto riportato da AdnKronos, i dirigenti del partito starebbero ora vagliando l'ipotesi di stabilire per tutti una quota fissa mensile – presumibilmente di 2mila euro - da destinare direttamente alle casse del Movimento. "Saranno poi i vertici a stabilire modalità e importi per opere da destinare ai cittadini", spiegano alcune fonti interne alla compagine grillina all'agenzia di stampa, "una quota parte variabile di volta in volta, a seconda dei margini di spesa disponibili".

Restituzioni e indennità di carica

Se questa modifica al regolamento dovesse concretizzarsi, si tratterebbe di certo di un deciso cambio di rotta da parte di un partito che da sempre aveva fatto del sistema delle "restituzioni" il proprio manifesto. Fino alla scorsa legislatura i parlamentari grillini erano tenuti a trattenere 2500 euro dai propri compensi: 1500 di questi venivano destinati ad alimentare proprio il fondo per le restituzioni, mentre i restanti 100 finivano nelle casse del partito. Agli inizi della propria esperienza, addirittura, per i parlamentari vigeva l'obbligo di presentare gli scontrini come giustificativi delle spese sostenute: "Non fate una vita francescana ma tutto quel che avanza donatelo alla collettività", aveva esortato Grillo durante la prima assemblea. Una prassi poi soppiantata dal più comodo "forfait" in epoca Crimi.

AdnKronos rivela che una seconda novità in casa grillina dovrebbe riguardare deputati e senatori titolari di un ruolo istituzionale: a costoro, infatti, sarebbe concessa la possibilità di incassare l'indennità di carica, una quota fino ad oggi resa interamente alla collettività. I due terzi di tale somma finirebbero nelle casse del Movimento (esattamente come dovrebbe accadere per le restituzioni), il restante terzo nelle tasche del politico.

Taglio anche al Tfr

Il Comitato di garanzia starebbe inoltre pensando a un bel taglio al Tfr: l'idea è quella di scontare dell'80% la restituzione dell'assegno di fine mandato che, a cavallo tra novembre e dicembre, i parlamentari grillini uscenti vedranno accreditare sul proprio conto. Un assegno che pesa circa 44mila euro a legislatura, vale a dire 88mila per chi ne ha completate due raggiungendo il limite del doppio mandato. In origine, secondo quanto stabilito da Casaleggio e Grillo, quel denaro sarebbe dovuto tornare interamente alla comunità (e così aveva fatto, solo per citare un esempio, Di Battista). Era stato Di Maio il primo a operare un cambio, stabilendo che un terzo della somma finisse invece nelle tasche del politico grillino di turno (solo i due terzi alla comunità).

La conferma del limite del doppio mandato ha mandato su tutte le furie chi si è venuto a trovare alla porta: ecco perché la maggior parte dei 46 parlamentari uscenti sta puntando i piedi per non restituire neanche un centesimo del proprio Tfr. La situazione ha spinto i vertici a scendere a compromessi coi "ribelli", ragionando su "uno sconto corposo, ovvero chiedere indietro il 20% della liquidazione spettante agli uscenti".

Una cosa del genere significherebbe per il Movimento incassare solo 8mila euro a legislatura per ciascun parlamentare anziché 44mila, ovvero invece di 4 milioni totali solo 400mila.

Si attende comunque ancora la conferma ufficiale del Comitato di garanzia grillino, che starebbe vagliando alcune bozze: lo scontro, come spiega l'agenzia di stampa, sarebbe già in corso, con Virginia Raggi pronta a bloccare il restyling del regolamento interno.

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