Mathieu Bock-Côté è uno dei più noti intellettuali conservatori del mondo francofono, originario del Quebec da anni vive in Francia dove ha pubblicato numerosi libri dedicati al tema dell’identità e del multiculturalismo. Tra le sue opere principali occorre ricordare Le Multiculturalisme comme religion politique e L’Empire du politiquement correct, lo abbiamo intervistato sulle proteste francesi.
Quello che sta avvenendo in Francia è la prova di una profonda crisi dello Stato francese. Come si è arrivati a questa situazione?
"Tutti sapevano che un giorno sarebbe avvenuta una simile situazione ma nessuno sapeva quando. Il sistema mediatico ha cercato di neutralizzare questo aumento della criminalità suddividendolo in migliaia di notizie e, chi pensava di vederlo come un segno di disgregazione sociale, è stato accusato di avere posizioni vicine all’estrema destra. Il numero di quartieri in cui la polizia non può più avventurarsi si è moltiplicato nel corso degli anni. Si è parlato di territori perduti della Repubblica.
Sarebbe stato più corretto parlare di enclavi straniere in una situazione di spartizione etnoculturale da cui la Francia è stata progressivamente cacciata anche se ha continuato a mantenerle con spese sociali faraoniche sperando di comprare la pace. Oggi siamo passati dall’attrito all’esplosione».
Rispetto al 2005, le proteste non sono più confinate nelle periferie ma si sono spostate anche nei quartieri borghesi.
Che responsabilità ha l’establishment di sinistra, che per anni ha negato il problema dell’immigrazione, in questa situazione?
"Ha ragione a dirlo: i delinquenti delle periferie ora fanno incursioni e razzie e le città che si credevano fortezze si ritrovano impotenti. La frattura identitaria creata dall’immigrazione di massa è molto marcata tra le grandi città e le periferie che le circondano. Detto questo, la responsabilità della sinistra è decisiva. Ha demonizzato qualsiasi riflessione critica sull’immigrazione di massa equiparandola all’estrema destra e al razzismo.
Ha inoltre abbracciato una sociologia del vittimismo che imputa il fallimento dell’integrazione esclusivamente alla società ospitante, come se quest’ultima fosse permeata da un sistema discriminatorio da cui non si può sfuggire, che perseguita le persone di origine immigrata e le costringe alla rivolta. Oggi, implicitamente, spinge all’insurrezione".
Gli immigrati non si riconoscono nell’identità francese ed europea: questa identità esiste ancora o è destinata a scomparire nei prossimi anni?
"Negli ultimi anni è andato di moda deridere chi parlava di scontro di civiltà. Eppure è quello che sta accadendo sotto i nostri occhi: con l’avvicendarsi di ondate di immigrati, una civiltà è penetrata in un’altra e si è insediata al suo posto. Non sto dicendo che tutto questo sia “consapevole”, naturalmente. Ma stiamo assistendo a un movimento storico permeato anche da una forte incoscienza collettiva. Alla fine di questo secolo, se la tendenza continua, probabilmente paragoneremo gli anni attuali a quelli che preannunciavano la caduta dell’Impero romano".
Pensa che quanto sta accadendo in Francia possa avvenire anche in altri Paesi europei come l’Italia nei prossimi anni?
"Non è forse già così come abbiamo visto in Svezia? Aggiungerei che i Paesi dell’Europa dell’Est osservano ciò che sta accadendo in Francia con repulsione. Rappresenta ciò che non vogliono diventare. Questo non mi conforta. Come possiamo risolvere la situazione in Francia? Quali sono le soluzioni da mettere in atto? A breve termine, dobbiamo ristabilire l’ordine.
A lungo termine, dobbiamo porre fine all’immigrazione di massa, sia legale che illegale, il che significa anche interrompere un diritto d’asilo fuorviante che è diventato un canale migratorio a tutti gli effetti. Senza dimenticare di intraprendere finalmente l’assimilazione delle popolazioni immigrate, rompendo con l’ideologia multiculturalista. Questo significa riabilitare un concetto sostanziale di identità nazionale".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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