Risultati delle elezioni 2013: scontro Berlusconi, Bersani, Grillo

Affluenza al 75,01%, in calo di circa 6 punti rispetto al 2008. Alla Camera vince il centrosinistra, ma i grillini sono il primo partito con il 25,54%. Al Senato non c'è maggioranza: il centrodestra ha un seggio in più dell'asse Pd-Sel. Consulta i risultati regione per regione

Risultati delle elezioni 2013: scontro Berlusconi, Bersani, Grillo

Una rimonta senza precedenti. Un risultato che mette nell'angolo il Partito democratico, che vince alla Camera ma che "perde" al Senato, e argina l'avanzata del Movimento 5 Stelle, che si afferma primo partito a Montecitorio. Silvio Berlusconi firma, ancora una volta, un risultato da primato riportando l'asse Pdl-Lega Nord al centro dell'agone politico. Al termine di una tornata elettorale, dove hanno votato il 75,01% degli aventi il diritto (sei punti in meno rispetto alle elezioni del 2008), Pier Luigi Bersani si lecca le ferite e si vede costretto ad ammettere che non solo non è riuscito a smacchiare il giaguaro, ma non è nemmeno riuscito a ottenere la governabilità del parlamento. Dilagano, invece, i grillini che sbarcano alla Camera (25,54%) con una pletora di onorevoli mai visti prima.

Sparsi per tutta Italia i big pidiellini in preda al panico da previsioni, anche se alla fine faranno tutti finta di aver sempre creduto al successo. E invece il film di giornata cambia verso le quattro del pomeriggio, quando la "riffa" delle prime proiezioni rimette in discussione in un solo colpo gli istant poll che per un’ora avevano spinto il Pd a cominciare a sperare in una vittoria piena. Perché alla fine si materializza, grazie al "porcellum", un risultato che va al di là delle aspettative della maggior parte dei sondaggisti: al Senato il Pd in percentuale ha più voti ma al Pdl vanno più seggi. Un risultato possibile perché la coalizione di centrodestra "porta a casa" regioni chiave come la Lombardia, la Campania, la Puglia, la Sicilia e il Veneto. E pensare che solo quest’ultima veniva data per scontata. Tanto che verso le 20 di sera il segretario Angelino Alfano, a scrutinio ancora in corso, si presenta trionfante in sala stampa e dice: "Siamo il partito di maggioranza relativa al Senato".

Alla Camera i giochi sono stati fino all'ultimo momento sul filo di rasoio. La distanza tra sinistra e centrodestra di un mezzo punto percentuale (29,5% per Pd e Sel, 29,1% per Pdl e Carroccio). Con il Cavaliere che ha molti motivi per festeggiare: Udc e Fli (compreso Gianfranco Fini) rischiano di rimanere fuori dal Parlamento, Mario Monti racimola un risultato modesto. Insomma, il Pd è ben lontano dalla larga vittoria che tutti si aspettavano fino a qualche mese fa. Certo poi c’è il problema del boom di Grillo, ma il Cavaliere riesce ad andare oltre l’obiettivo minimo che era quello di recupare ed essere condizionante al Senato. "Mi davano per morto e ancora una volta gli ho dimostrato di cosa sono capace" è il senso dei primi commenti. Per non dire dell’ironia usata nei confronti di chi era andato a cercarsi "sponsor" in Europa e al Ppe: "E invece questa è anche una risposta alla politica di austerity".

A questo punto si pone il problema di come gestire le prossime mosse, perché a meno di sorprese notturne quella che si profila è una condizione di ingovernabilità, con due maggioranze diverse a Camera e Senato. La strategia del Pdl per ora è quella di lasciare il "boccino" nelle mani del Pd che ha la maggioranza (anche se minima) alla Camera. "La difficoltà maggiore adesso - è il ragionamento - sarà la loro, facciano un governo se sono in grado". Di grandi coalizioni ad Arcore non ne vogliono sentir parlare: il periodo del sostegno "ABC" a Monti è stato già abbastanza penalizzante. Semmai il Cavaliere potrebbe "rinnovare" l’offerta di lavorare insieme per fare le famose riforme di cui il Paese ha bisogno. Ma tra queste l’ex premier ci mette anche quella della giustizia. Ma per il leader del Pdl il vero banco di prova di un eventuale dialogo è soprattutto uno: quello per il nuovo presidente della Repubblica.

La maggioranza di seggi al Senato, anche in caso di vittoria del centrosinistra alla Camera, renderebbe particolarmente decisivo il peso del Pdl. E da tempo il Cavaliere sottolinea che gli ultimi quattro presidenti della Repubblica erano di sinistra, con ciò che questo ha comportato in termini di gestione del Csm e di nomina dei membri della Consulta.

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