"Forte ritardo". Senti chi parla: le insensate polemiche della sinistra sulla manovra

Le opposizioni si indignano sui tempi lunghi della finanziaria. Conte si adira: "Non hanno le idee chiare". Ma durante i suoi governi non mancarono approvazioni al fotofinish

"Forte ritardo". Senti chi parla: le insensate polemiche della sinistra sulla manovra
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Le opposizioni con la memoria corta, da giorni, sono sulle barricate. Osservano il calendario, sbuffano, si indignano: la legge di bilancio, tra rinvii e correzioni, non è ancora stata approvata. "Vergogna, non è possibile", strillano da sinistra, puntando il dito contro il premier Meloni e la sua squadra. La narrazione politica dei detrattori, chiaramente, cerca di mascariare l'avversario, ignorando tuttavia parecchi dettagli oggettivi. Uno tra tutti: il fatto che l'esecutivo di centrodestra si sia insediato il 22 ottobre scorso e che l'iter della manovra economica sia stato sin dal principio una corsa contro il tempo. Ma che importa; per i progressisti con l'ansia da prestazione (sì, quando a lavorare sono gli altri), le lungaggini sulla finanziaria sono diventate il pretesto perfetto per scatenare le polemiche più assurde.

Le critiche dell'opposizione

A strapparsi le vesti con pathos era stato in particolare Enrico Letta, che su Twitter aveva evocato scenari tragici. "Porteranno l'Italia all'esercizio provvisorio e sarà solo colpa loro. Mai vista una situazione simile", aveva lamentato. E Marco Simiani, capogruppo Pd in commissione ambiente alla Camera, aveva rincarato la dose accusando il governo di aver agito con "arroganza e confusione". Da parte del segretario dem, parole un tantino esagerate: l'esercizio provvisiorio (che il governo Meloni ha in ogni caso escluso) nella storia repubblicana non è stato affatto una rarità. Non è mancata poi la stoccata di Matteo Renzi, che in tv ha rinfacciato alla leader di Fratelli d'Italia di aver in passato contestato Giuseppe Conte proprio per i ritardi sulla manovra. Piccolo dettaglio: correva l'anno 2019 e l'allora premier pentastellato succedeva a se stesso alla guida del paese. Senza passaggi di consegne.

L'attacco dello smemorato Conte

A proposito di Conte, registriamo anche le esternazioni indignate di quest'ultimo, che nelle scorse ore - in una diretta online - aveva polemizzato: "Da questa mattina alle 8 aspettiamo il testo definitivo è ancora stanno accumulando ritardi su ritardi... Ricordo che la legge di bilancio è già arrivato in ritardo. Non hanno le idee chiare, sono in forte ritardo. Siamo preoccupati". Le rassicurazioni però sono arrivate dal governo, alle prese con tempistiche contingentate delle quali lo stesso leader pentastellato dovrebbe avere memoria. Quando a palazzo Chigi c'erano i grillini, infatti, le manovre economiche sono sempre arrivate al fotofinish e a maggior ragione certe attuali polemiche pentastellate appaiono strumentali.

Le tempistiche di Conte e Draghi

Il caos non mancò certo nel governo Conte I, nel 2018, quando il Pd annunciò un ricorso alla Corte Costituzionale (poi respinto), accusando l'esecutivo gialloverde di aver "palesemente violato la Carta con le modalità usate per approvare la legge di bilancio". Nel 2019, poi, la manovra venna approvata dalla Camera alle 4.44 del 24 dicembre. L'anno successivo i tempi furono altrettanto risicati: 23 dicembre 2020 via libera alla Camera (il governo pose la fiducia), 30 dicembre ok dal Senato. Sempre con la questione di fiducia. E anche il diligentissimo Mario Draghi dovette fare i conti con il calendario. Con 355 voti favorevoli e 45 contrari, la Camera approvò in via definitiva la passata legge di bilancio il 30 dicembre 2021.

Al momento, districandosi in un accidentato percorso, il governo sta comunque rispettando le formali scadenze previste (c'è tempo fino al 31 dicembre). Ma il tiro al bersaglio delle opposizioni senza memoria è ormai partito.

Per carità: giusto spronare chi governa a fare di meglio e a non ricadere negli antichi vizi, ma il colmo è che certe rampogne alla Meloni arrivano da chi ha storicamente costretto al ritardo non una singola manovra. Ma l'intero Paese.

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