La legge di bilancio è una gimkana. Stop della Ragioneria su 44 misure. Si vota in extremis

Tempi lunghi. La manovra in Aula è costretta a tornare in Commissione.

La legge di bilancio è una gimkana. Stop della Ragioneria su 44 misure. Si vota in extremis

Di rinvio in rinvio, di incidente in incidente, di correzione in correzione, i tempi di esame della manovra si allungano ancora. Ieri sera il governo ha chiesto la fiducia, che sarà votata stasera, poi si passerà agli ordini del giorno per arrivare al voto finale nel giorno della Vigilia. Con i deputati - di maggioranza e di opposizione - che ieri sera cercavano disperatamente voli e treni in grado di riportarli a casa in tempo per il Natale, e con il Senato che voterà (a scatola chiusa) a San Silvestro.

Il testo, dopo la lunghissima e accidentata vigilia in Commissione Bilancio, è approdato solo ieri nell'aula di Montecitorio. Ma ne è subito di nuovo uscito: sull'articolato, infatti, sono piombate le osservazioni della Ragioneria generale dello Stato, che chiede non solo lo stralcio del famoso emendamento da 450 milioni di euro per i Comuni, approvato per «errore» e senza copertura, ma anche la correzione di altri 44 capitoli della legge finanziaria, sempre per mancanza di coperture. Tra questi anche quello sulla Carta Giovani e sullo smartworking per i lavoratori «fragili». Ma c'è anche il finanziamento della convenzione con Radio Radicale per la trasmissione in diretta delle sedute parlamentari.

La seduta dell'aula viene quindi sospesa per valutare il da farsi, e nel pomeriggio - tra sonori «buuuuuh» dell'aula - il presidente della Commissione Bilancio Giuseppe Mangialavori, di Forza Italia, chiede il rinvio del testo in Commissione per «modificare o sopprimere le norme che presentano problematicità di coperture». L'aula dovrebbe votare sì o no, ma si imbarca in un surreale dibattito, che va avanti per oltre un'ora, su quale sia «il perimetro» delle correzioni necessarie (nessuno sembra saperlo con chiarezza) e su polemiche puramente propagandistiche, come quella animata dai rossoverdi contro la norma che regola la sacrosanta eliminazione controllata di cinghiali e simili dalle città, ma che viene spacciata dagli «ecologisti» come una legittimazione della caccia grossa nelle piazze metropolitane, tra una maggioranza piuttosto in tilt e una nervosa opposizione. Il verde Grimaldi tenta di infilare anche i cinghiali nella richiesta di stralcio, ma la proposta viene respinta con perdite dall'emiciclo.

«Ancora non si sa quando e se si vota la Legge di Bilancio. Ancora non si sa su quale testo si vota. Siamo oltre ogni limite immaginabile. Nessun governo ha mai trattato il Parlamento a questo modo», attacca il segretario Pd Enrico Letta. Maria Elena Boschi di Italia viva incalza: «Non ci lamentiamo per le scelte che non condividiamo: ogni maggioranza ha il diritto e il dovere di fare le proprie scelte. Ci lamentiamo per il modo indecente e irrispettoso in cui è stato trattato il Parlamento». Persino Giuseppe Conte, evidentemente dimentico del circo Barnum delle sue Finanziarie, con fiducia, si mette a fare la morale al governo e denuncia: «Ci troveremo a votare una fiducia sulla manovra senza una vera discussione. Siamo molto preoccupati perché questo gioco dell'oca viene giocato sulla pelle di tutti i cittadini».

A tarda sera, mentre l'aula attende ancora il responso, le

opposizioni abbandonano la commissione Bilancio, che vota in tutta fretta le modifiche richieste dalla Ragioneria di Stato. «È una ferita alle istituzioni di cui la maggioranza si rende responsabile», accusa Luigi Marattin di Iv.

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