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Ruby, Ghedini smaschera i pm: "Travisano gli atti processuali". Ecco perché il Cav è innocente

Ghedini smonta i teoremi della Boccassini: Ruby stessa ha negato i gossip di natura sessuale. Cade pure l'accusa di concussione ai danni dei poliziotti che rilasciarono Ruby

L'avvocato Nicolo Ghedini e il pm Antonio Sangermano discutono prima dell'inizio dell'arringa della difesa
L'avvocato Nicolo Ghedini e il pm Antonio Sangermano discutono prima dell'inizio dell'arringa della difesa

Che la difesa di Silvio Berlusconi, arrivata all'atto finale del processo Ruby, partisse a testa bassa contro la procura della Repubblica era inevitabile. Meno prevedibile era che Niccolò Ghedini e Piero Longo esordissero con una dichiarazione di sfiducia esplicita non solo nei confronti dei pm, della loro "cultura del sospetto", del sistematico "travisamento degli atti processuali" che avrebbero compiuto per ottenere la condanna di Berlusconi; ma anche verso il tribunale, verso le tre giudici che tra due settimane dovranno emettere la sentenza. E che i due legali, in ispecie Ghedini, hanno accusato di avere già scelto da che parte stare. Giudici che guarderebbero con fastidio l'esistenza stessa delle difese, e che permetterebbero invece praticamente tutto all'accusa. Non a caso, ha ricordato Ghedini, chiedemmo a suo tempo che il processo venisse portato in un'altra città. "La Cassazione è stata di diverso avviso. Ci piacerebbe dire, come i latini: hic manebimus optime. Ma purtroppo non è così".

Pessimismo profondamente radicato, ed anzi dichiarato pubblicamente, sull'esito del processo. Solo il 24, quando il giudice Giulia Turri dovrebbe leggere la sentenza, si capirà se i timori di Ghedini e Longo erano fondati, o se invece gli argomenti usati oggi dai difensori abbiano fatto in qualche modo breccia nei convincimento dei giudici. Tutte e tre le componenti del collegio hanno seguito con palese attenzione gli interventi dei legali, riempiendo di appunti i fogli ed i computer. Vuol dire che una decisione, un orientamento di fondo, non è ancora assunto? O semplicemente il tribunale si prepara a replicare punto per punto nelle motivazioni?

L'intervento dei due difensori non puntava a convincere davvero i giudici che le cene a casa di Berlusconi fossero innocenti intrattenimenti a base di canzoni francesi e aneddoti politici. Certo, la versione ufficiale è questa. Ma Ghedini e Longo sanno bene che, nonostante le 25 ragazze che hanno portato in aula la versione delle "cene eleganti", la convinzione che ad Arcore a un certo punto della serata qualche spallina dei vestiti si abbassasse è ormai entrata nel processo. Ma questo, hanno detto, attiene semmai a una valutazione dei costumi morali di Berlusconi che non spetta alla magistratura. Il processo si fa ai reati, hanno detto. E di entrambi i reati contestati a Berlusconi, per Ghedini e Longo non c'è traccia di prova. "Altro che colpevolezza aldilà di ogni ragionevole dubbio di cui parla la dottoressa Boccassini".

Che Ruby, in un modo o nell'altro, sia stata presente a scene cui una ragazza di 17 anni non dovrebbe assistere, può essere accaduto. Ma che abbia fatto sesso con Berlusconi, che per questo abbia preso dei soldi, e che Berlusconi - elemento indispensabile per condannarlo - fosse al corrente che era minorenne, l'unica a dirlo è lei stessa, Ruby: non tanto nei primi verbali di interrogatorio, quanto nelle intercettazioni. Ma gli uni e le altre sono talmente dense di dettagli platealmente falsi da rendere impossibile, secondo i legali, discernere il vero dal falso. E sull'accusa più pesante (giudiziariamente, almeno) contestata a Berlusconi, quella di concussione ai danni dei poliziotti che rilasciarono Ruby, non sarà facile per i giudici prescindere dall'elenco impressionante di provvedimenti che Ghedini - in quello che è stato forse il passaggio più efficace del suo intervento - ha elencato, presi dalla questura di Milano in casi di minorenni fermati in flagranza di reato: e affidati a chi era disposto a prenderli in carico, o addirittura rilasciati e abbandonati a se stessi. Tutti provvedimenti presi col consenso di Annamaria Fiorillo, lo stesso pm che in aula si è vantata di essersi opposta in ogni modo al rilascio di Ruby. Ma se quella era la prassi costante, quale sarebbe il trattamento di favore imposto da Berlusconi a favore della ragazzina?

È qui, nella

battaglia puntigliosa sul lato tecnico delle accuse, che i difensori di Berlusconi hanno scelto di giocare la loro partita. Non si fidano dei giudici, e non fanno niente per nasconderlo. Ma, come dice Ghedini, spes ultima dea.

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