Sì ai test, la Corte europea promuove il numero chiuso

Le prove d'ingresso non violano il diritto allo studio dei non ammessi. Respingendo i ricorsi di otto italiani, i giudici di Strasburgo considerano ragionevole la selezione

Sì ai test, la Corte europea promuove il numero chiuso

Roma - L'Ateneo o la facoltà universitaria che impone il numero chiuso non viola il diritto allo studio di chi non viene ammesso.
Questa volta è la Corte europea per i diritti umani di Strasburgo a stabilire la legittimità dei test di ingresso che sono necessari per iscriversi ad alcune università e facoltà in Italia. Strasburgo infatti ha respinto il ricorso di otto cittadini italiani, con storie diverse ma tutte egualmente fallimentari rispetto all'aspirazione di iscriversi e frequentare l'università, incapaci di superare i test di accesso previsti nel nostro Paese in particolare per i corsi di Medicina, Veterinaria e Architettura e per le professioni sanitarie.
È già successo in passato che studenti esclusi facessero ricorso al Tar competente, ma è la prima volta che la questione finisce sul tavolo della Corte europea. I giudici di Strasburgo respingono il principio secondo cui porre un limite all'accesso rappresenti una violazione del diritto allo studio inalienabile per ogni individuo.
Il limite posto dalle università italiane, infatti, è secondo la Corte di Strasburgo «ragionevole» e non eccede il margine di discrezione concesso allo Stato, ma anzi è necessario per bilanciare gli interessi degli studenti con quelli della società.

Insomma in sostanza la Corte dice due cose abbastanza ovvie. Primo: gli atenei non possono ammettere tutti gli aspiranti studenti e nello stesso tempo mantenere un livello di istruzione di alta qualità. Secondo: è inutile far laureare un numero eccessivo di persone che sarebbero poi destinate alla disoccupazione. «Il diritto allo studio c'è - è scritto nella sentenza europea -. Ma soltanto in rapporto alla capacità ed alle risorse dell'università e in rapporto al bisogno che la società ha di certe professioni particolari, tenuto conto anche del fatto che la disoccupazione rappresenta un ulteriore costo per la comunità nel suo insieme».

Tra gli otto ricorrenti uno in particolare ha tentato tre volte di entrare a Medicina a Palermo non riuscendoci. Altri sei non avevano superato i test per Odontoiatria e l'ultimo invece era stato escluso da odontoiatria dopo 8 anni passati senza dare esami. In passato invece alcuni Tar avevano dato ragione agli studenti che avevano fatto ricorso contro l'esclusione, tanto da far sperare in una progressiva sparizione dei test d'accesso.

Ora però la Corte di Strasburgo offre una sponda a tutti i sostenitori della necessità di porre paletti all'ingresso. Ma l'associazione a difesa dei consumatori, il Codacons, promette battaglia. «Strasburgo ha preso una cantonata - dicono - e comunque i test di ingresso sono incostituzionali. Violano gli articoli 3, 33 e 34 della Carta Costituzionale e il libero accesso alle professioni». Dunque anche se Strasburgo ammette il numero chiuso il Codacons si riserva di presentare nuovi ricorsi davanti ai giudici italiani. Ricorsi che potrebbero essere numerosissimi visto che ad esempio nel 2012 complessivamente hanno tentato di entrare 68.292 studenti ma i posti disponibili erano soltanto 10.281.
Quella contro il numero chiuso è una vecchia battaglia che prosegue da anni a colpi di carta bollata. Da quando nel '99 l'allora ministro dell'Università Ortensio Zecchino introdusse il principio della programmazione e dei test d'accesso per alcune facoltà scientifiche.

In Italia le prove di ammissione sono previste per Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e protesi dentaria; Medicina Veterinaria; Architettura e per le professioni sanitarie come Fisioterapista e Logopedista.
Quasi tutte le università private prevedono test di accesso, come la Bocconi a Milano e la Luiss a Roma.

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