Le sconfitte nei feudi rossi mandano in frantumi il Pd

La sconfitta nelle roccaforti "rosse" riapre la faida interna. Renzi attacca la vecchia guardia. E i fedelissimi: "Risultato negativo nelle città dove il Pd non si è rinnovato"

Le sconfitte nei feudi rossi mandano in frantumi il Pd

"Le sconfitte bruciano, certo. Ma Bergamo, Pavia, Cremona, Pescara, Vercelli, Biella, Verbania dove eravamo all’opposizione significano qualcosa". Il primo a parlare dopo lo doccia ghiacciata dei ballottaggi è il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini (renziano) per contenere lo tsunami che da lì a poche ore avrebbe tramortito i vertici del partito. Dopo la volata di due settimane fa il centrosinistra perde quattro storiche roccaforti "rosse": Livorno, Padova, Perugia e Potenza sono le città di un tracollo che avrà non pochi strascichi in via del Nazareno. "Questi ballottaggi segnano la fine delle posizioni di rendita elettorale - ha commentato il premier Matteo Renzi - è finito il tempo in cui qualcuno sa che in quel posto si vince di sicuro".

A Livorno, la città che ha tenuto a battesimo il Pci e che dal dopoguerra aveva affidato le proprie sorti sempre alla guida della sinistra, il grillino Filippo Nogarin strappa la poltrona di sindaco al piddì Marco Ruggeri che, per la prima volta nella storia della sinistra livornese, si è visto costretto ad andare al ballottaggio per poi perderlo. La sconfitta a Livorno è paragonabile a quando nel 1999 Giorgio Guazzaloca riuscì a strappare Bologna portando, per la prima volta dal dopoguerra, una coalizione di centrodestra alla guida del capoluogo emiliano. Secondo il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi (anti renziano) la colpa è tutta del Pd nazionale che è sceso in campo "diviso e contro se stesso". Lo psicodramma, però, non è circoscritto a Livorno. Dopo settant'anni di potere della sinistra, il Comune di Perugia sarà guidato da Andrea Romizi, il giovane avvocato di Forza Italia che con oltre il 58% ha stravinto contro il sindaco uscente Wladimiro Boccali (cuperliano). Tanto che c'è già chi chiama Romizi il "Renzi umbro". A Padova la terza clamorosa sconfitta del Pd che ha governato la città dal 1993, con un break tra il ’99 e il 2004. Ivo Rossi, sindaco dopo la "promozione" di Flavio Zanonato (bersaniano doc) a ministro allo Sviluppo Economico, ha perso la sfida contro il senatore leghista Massimo Bitonci. A Potenza, infine, Dario De Luca (Fratelli d’Italia) strappa la vittoria al piddino Luigi Petrone che, al primo turno, aveva sfiorato la vittoria al primo turno.

Mentre Renzi atterra a Hanoi, in Vietnam, per la prima tappa del viaggio che lo porterà in Cina e Kazakistan, il Pd rischia di andare in frantumi. Il 40% incassato alle europee è già un sogno lontano. Il presidente del Regione Piemonte Sergio Chiamparino (della vecchia guardia ma prontamente convertito al renzismo) invita il premier a "cogliere l’attimo" e a "farci sopra un'altra Leopolda". Nel quartier generale del Pd i nervi sono tesi. È sempre la solita storia: i renziani contro la vecchia guardia. "Perdiamo dove siamo chiusi, dove ha prevalso la logica del vecchio - spiegano i fedelissimi del premier - vinciamo dove ci siamo presentati con nuovi volti e nuovi programmi". La resa dei conti è soprattutto coi bersaniani. Non è, dunque, un caso se Pierluigi Bersani si sia speso in primissima persona a tirare la volata a Rossi con tanto di spot girato a cena in casa Zanonato mentre Renzi si sia tenuto debitamente alla larga da Padova. "Dai ballottaggi viene una preziosa indicazione - ha commentato il senatore Andrea Marcucci - il Pd deve continuare ad avere il coraggio di cambiare". Secondo il sindaco di Firenze Dario Nardella (renziano della primissima ora), "c’è una sinistra nuova, che ha rivoluzionato il Pd dall'interno e ha portato il partito al 40%, ma c’è ancora, in alcune realtà, l’anima del vecchio Pd. Il risultato negativo si è verificato nelle città dove il Pd non si è rinnovato".

Una sentenza che ha mandato su tutte le furie l'ala più radicale del partito. "Al di là del voto mi colpiscono alcuni commenti di casa nostra - ha replicato Gianni Cuperlo - la campagna elettorale l'abbiamo fatta tutti, senza risparmio e senza riserve".

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